L’impalpabile consistenza del tempo
di Andrea Devis
Da quanto tempo qualcuno non ti chiede: “come stai?” ?
Non parlo di convenevoli obbligati, preludi o fastidiosi intercalare, quanto più alla sana preoccupazione di chi sa intuire attraverso un solo sguardo il disagio, temporaneo o patologico che sia. In un mondo dove la superficialità è il comune denominatore di tanti rapporti, mi chiedo cosa possa fare davvero la differenza e cosa smuova il desiderio di rapportarsi con gli altri. C’è il piacere di stare insieme, la mancanza di alternative, l’interesse personale, l’arrivismo, la paura della solitudine… e poi c’è il tanto decantato amore, che tutti credono di conoscere -ma che in fondo- nessuno sa poi bene definire, se non con qualche parolone ridondante detto a caso o prendendo in prestito frasi e aforismi dal poeta di turno.
Quando parlo di persone e legami, non lo faccio mai pensando a una formazione precisa. Che sia una coppia di fatto, un matrimonio distratto, un’amicizia in difetto o una passione in affitto, c’è sempre qualcosa di cui discutere. Si tende erroneamente a credere -per esempio- che gli amici debbano essere lì pronti a consolarti e ad ascoltarti ogni qualvolta tu ne senta il bisogno. Un amico deve essere capace di rimproverarti quando ti distruggi e di gioire con te quando cresci, consapevole del fatto che un rapporto speciale come quello, va nutrito e alimentato esattamente come un matrimonio. Pensare che l’amicizia sia cosa più facile dell’amore è una delle più grandi stronzate che io abbia mai sentito -e c’è in giro tanta gente che continua a sostenere questa idiozia- ignorando che l’amicizia è poi certamente una delle tante espressioni dell’amore.
Il tempo ci sfugge tra le dita, ed è proprio mentre ti rendi conto di quanto sia impalpabile che ti assale la paura: la vita è forse troppo breve per riuscire a trovare qualcuno per cui valga la pena riassumere tutta la nostra esistenza? Quel qualcuno che cerchiamo a volte siamo proprio noi, ma con un’altra allure, un altro mondo e un altro modo di stare al mondo. Ci poniamo degli obbiettivi e quando ci fermiamo a fare il punto della situazione riusciamo a vedere solo chi sta davanti. Mentre rimuginiamo su quello che avremmo potuto fare e su chi saremmo potuti essere, il tempo -impietoso- continua la sua corsa lasciandoci solo l’ansia tipica di chi sa di non essere nel posto giusto, senza sapere però dove andare.
Che bella cosa hai scritto !! Ecco perché tu ed io siamo amici !!
Sto ricevendo un sacco di consensi per questo articolo 🙂
Mi fa piacere!
Ciao Duchessa G!
In questo post ci sono un sacco di cose che penso, e di cui ho anche scritto. A partire da quel “come stai”.
(A proposito: come stai? 😉 )
Giuro che non ho copiato! 🙂
Sto abbastanza bene, anche se la Pasqua -come più in generale tutti i momenti di “fermo”- non è stata un granché.
Chi si ferma, pensa, e chi pensa, è perduto per sempre.
È anche morta la gatta Smilla.
Tu come stai Los?
Ahaha non intendevo dire che hai copiato!
Anch’io sto abbastanza bene. Per me la Pasqua più che un momento di “fermo” è stato un momento di caos, però almeno non ho pensato. Per quello ci sono i giorni successivi, cioè questi – per cui, lascio immaginare.
Ma… la gatta Smilla? Questo personaggio mi sfugge.
Era la gattona di mia sorella!
🙂
spero che la gatta non abbia fatto la fine della povera bimba Smilla nel romanzo di Høeg e cioè caduta da un tetto … ma sia morta di vecchiaia …
No G, ma effettivamente il nome è preso proprio da lì!
Povera miciona 😦