andreadevis

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Tag: perplessità

Sentimentalmente impotenti (trascurabili mancanze)

È davvero necessario avere qualcosa in comune con chi ci piace, per poter avviare una nuova relazione? Forse è più sensato pensare che ad avere qualcosa in comune tra loro debbano essere le persone che ci piacciono. Se fossero invece le mancanze a fare la differenza? Inestirpabile, l’ostinazione di chi continua a cercare le persone giuste nei luoghi sbagliati (o nei corpi sbagliati). Proviamo a prendere le distanze dal passato, ma poi ricadiamo negli errori di sempre, provando ad affiancarci a un’altra persona – giusta e sbagliata – esattamente come quelle che ci sono state prima. Siamo la somma delle nostre esperienze, successi e fallimenti. Ci piacciono le persone con le quali soffriamo solo per avere qualcuno cui dare la colpa?

Ci ho provato, mille volte e più, a cambiare rotta, ad aggiustare il tiro, a ridimensionare le richieste, senza mai scendere veramente a compromessi; perché la felicità è una sola e non è negoziabile. Con certe persone si genera una strana energia. Frizzante, inebriante, al tempo stesso evanescente. Se ne diventa dipendenti. Si baratta la lucidità per l’emozione. Innovativo sport estremo – ma già démodé – e alla portata di tutti.

Perché sentiamo la necessità di trovare un colpevole contro cui accanirci quando si tratta di esaminare le nostre relazioni? Temiamo un rimprovero? Un monito per le inadempienze? Non ci perdoniamo mai nulla, ma spesso in amore – così come non esistono vincitori e perdenti – non esistono colpevoli contro cui scagliarsi. Si rimane soli, con il tempo a fare da giudice, così inefficacemente neutrale e così inavvertitamente spietato.

Ad accomunare le persone sbagliate – puntualmente fuori luogo – c’è il loro essere inappropriate, il loro essere sentimentalmente impotenti.

E ci siamo noi.

Forse non siamo stati del tutto sinceri

Forse non siamo stati del tutto sinceri, stasera. Reciprocamente, individualmente, e nelle molteplici e indecifrabili sfumature di un rapporto dove il sesso non è banalmente squallido come il copione avrebbe previsto. Nessun melenso romanticismo, piuttosto una manciata di lontane sensazioni che probabilmente sono stato l’unico a cogliere. O a inventare. Il cielo era sincero: poche nuvole, il solito colore astratto e quel vago ma costante sentore di pioggia notturna. Me ne sono reso conto a mezzanotte, mentre camminavo verso la mia auto.

Ho ancora il suo odore addosso e penso me lo porterò a letto. Per pigrizia, o come souvenir delle sue mani. Per un attimo mi è sembrato che entrambi volessimo altro. Alla fine – ognuno con le proprie remore – abbiamo ripiegato sul finale più prevedibile, senza aggiungere nulla di nuovo. È strano: non so se ci passerei la notte insieme. Sa farmi impazzire come pochi, e dice che la chiave per capirmi è nel modo che ho di abbracciarlo. Sarebbe in grado di restituirmi sul confine con il mattino uno di quegli abbracci sinceri e totali di cui parla? Una stretta forte, che acquieta e tacita qualsiasi domanda?

Forse non lo voglio nemmeno sapere. È tutto già esageratamente familiare: a metà tra la citazione della serenità e il preambolo della follia.

Ci rincontreremo come gatti, a metà strada tra le nostre identiche libertà.

 

 

La consapevolezza di chi non torna

È un martedì mattina travestito da domenica di primavera, con il sole, la strada deserta, quindici gradi e tutto il resto. Mi immergo fino a pochi millimetri dal naso nell’acqua calda della vasca e spio tra le persiane della finestra che da sulla via principale. Rubo un’immagine al mio passato, quello stesso passato che cerco di dimenticare ma nel quale finisco per crogiolarmici sempre. Che puttane, le lacrime! Ho scoperto che però puoi affogarle nell’acqua della vasca senza grandi sforzi. Bisogna solo immedesimarsi un po’ di più negli altri, ed essere meno egocentrici. Se qualcuno non torna, è perché non vuole tornare. Quante volte hanno provato a far tornare me, sui miei passi? Svariate.

Chi non torna è consapevole della sua scelta. Smettiamola di rompergli i coglioni.

La mia più inconfessabile perversione

Credo che, da un paio d’anni abbondanti a questa parte, mi siano capitate circa due occasioni per innamorarmi. Non capisco dove stia il problema: il passato l’ho sistemato, la mia autonomia l’ho conquistata, i miei spazi sono riuscito a ritagliarmeli, la personalità l’ho affinata… e non sono uno di quelli che tanto va bene così. Ci sono momenti come questo nei quali -rigorosamente solo e con la colonna sonora fornita dalla pioggia sul tetto- immagino scenari alternativi, realtà parallele e programmo situazioni che probabilmente mai nemmeno vivrò. Ho quasi trent’anni e mi piacerebbe avere quella stabilità che forse, in un periodo della mia vita, già ho avuto, anche se non con la consapevolezza che oggi mi permette di guardare il mondo in maniera più completa.

Appaiono persone all’orizzonte; giuste o sbagliate non importa più. Una volta ho scritto che ci si innamora delle persone sbagliate perché quelle giuste sono già impegnate con le altre persone sbagliate, ma inizio a pensare che siano solo i nostri atteggiamenti a rendere gli altri giusti o sbagliati. In realtà l’ho sempre pensato, anche quando scrissi quella frase, il 2 gennaio del 2012; un aforisma poi rilanciato alla grande sul web, diventato tra l’altro piuttosto famoso. L’ho capito a fondo solo più tardi, e a volte è così anche con le persone: le capiamo veramente (nel bene e nel male) solo quando è troppo tardi. Non ho rimpianti, ma mi domando se sappia cosa sia veramente l’amore. Mi ostino a pensare che sia chimica, attrazione incontrollabile, una sensazione che ti porterebbe a fare qualsiasi cosa per quel qualcuno, voglia di sciogliere ogni riserva e di rischiare tutto.

Vedo intorno a me uomini e donne che si relazionano affettivamente con rapidità disarmante, forse convinti che l’amore vero sia un’altra cosa, e non è detto che non sia proprio così. Ma come fare per rivoluzionare il proprio concetto di sentimento? Per me l’amore è una sensazione che sta in cima a tutto, ma avere una relazione non significa essere innamorati. Stare con qualcuno -magari trascorrendoci un’intera vita insieme- non vuol dire amare. Una famiglia non è necessariamente basata sull’amore. Rassegnarmi a immaginare sciolto il nodo che lega l’amore e la progettualità futura, è difficile.

Voler far coincidere le due cose -desiderando una vita basata sull’amore autentico- è forse la mia più inconfessabile perversione.

L’impalpabile consistenza del tempo

Da quanto tempo qualcuno non ti chiede: “come stai?” ?

Non parlo di convenevoli obbligati, preludi o fastidiosi intercalare, quanto più alla sana preoccupazione di chi sa intuire attraverso un solo sguardo il disagio, temporaneo o patologico che sia. In un mondo dove la superficialità è il comune denominatore di tanti rapporti, mi chiedo cosa possa fare davvero la differenza e cosa smuova il desiderio di rapportarsi con gli altri. C’è il piacere di stare insieme, la mancanza di alternative, l’interesse personale, l’arrivismo, la paura della solitudine… e poi c’è il tanto decantato amore, che tutti credono di conoscere -ma che in fondo- nessuno sa poi bene definire, se non con qualche parolone ridondante detto a caso o prendendo in prestito frasi e aforismi dal poeta di turno.

Quando parlo di persone e legami, non lo faccio mai pensando a una formazione precisa. Che sia una coppia di fatto, un matrimonio distratto, un’amicizia in difetto o una passione in affitto, c’è sempre qualcosa di cui discutere. Si tende erroneamente a credere -per esempio- che gli amici debbano essere lì pronti a consolarti e ad ascoltarti ogni qualvolta tu ne senta il bisogno. Un amico deve essere capace di rimproverarti quando ti distruggi e di gioire con te quando cresci, consapevole del fatto che un rapporto speciale come quello, va nutrito e alimentato esattamente come un matrimonio. Pensare che l’amicizia sia cosa più facile dell’amore è una delle più grandi stronzate che io abbia mai sentito -e c’è in giro tanta gente che continua a sostenere questa idiozia- ignorando che l’amicizia è poi certamente una delle tante espressioni dell’amore.

Il tempo ci sfugge tra le dita, ed è proprio mentre ti rendi conto di quanto sia impalpabile che ti assale la paura: la vita è forse troppo breve per riuscire a trovare qualcuno per cui valga la pena riassumere tutta la nostra esistenza? Quel qualcuno che cerchiamo a volte siamo proprio noi, ma con un’altra allure, un altro mondo e un altro modo di stare al mondo. Ci poniamo degli obbiettivi e quando ci fermiamo a fare il punto della situazione riusciamo a vedere solo chi sta davanti. Mentre rimuginiamo su quello che avremmo potuto fare e su chi saremmo potuti essere, il tempo -impietoso- continua la sua corsa lasciandoci solo l’ansia tipica di chi sa di non essere nel posto giusto, senza sapere però dove andare.