andreadevis

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Tag: battuage all’autogrill

L’indecenza del non detto

Quella voglia incontenibile di raccogliermi nello spazio tra il suo fianco e il braccio steso sul letto. Rassicurato da un odore, da un gesto di intimità e dal sovrapporsi di fantasia e realtà.

Ieri notte, mentre rientravo a casa, sentivo gli ultimi avanzi di pioggia inumidire i vestiti, ma senza alcuna voglia di proteggermi ho camminato fino al portone, pensando alla vulnerabilità di chi mette in gioco sempre il cuore. Anche quando non serve. La sensibilità è spesso in uno sguardo, o nelle frasi che non si dicono.

Strada deserta. Parole sbagliate, tronche. Il non detto ferisce, semplicemente con il suo non esistere. Imparo la lezione, me ne dimentico, e me ne ricordo quando ormai è già troppo tardi.

Mi piacciono le persone belle ma faccio innamorare solo quelle intelligenti

Una pausa. Dal fidanzato, dalla compagna di una vita, dalla quotidianità, dall’ordinario, da se stessi, dalle proprie regole, da una moralità socialmente imposta e da tutte quelle situazioni che non si riescono ad abbandonare nemmeno quando lo si vorrebbe più di ogni altra cosa al mondo. È come un letto ancora caldo, con il cuscino stropicciato e le coperte per metà sul pavimento: rassicurante, familiare, terribilmente comodo. Molta gente vive così, aspettando la sera e concedendosi – di tanto in tanto – qualche pausa in cui vivere.

Io sono sempre lì, pronto a tradire le convinzioni, le convenzioni, e scendendo a biechi compromessi nel tentativo vano di imbrogliare il cuore. Questa mattina – in una grigissima Milano che finalmente riconosco – penso a quanto sia cambiato negli ultimi mesi il mio modo di vivere le persone. Sono ancora vicini i pomeriggi da puttana a metà, dove sul ciglio di un sentimentalismo che non c’era, mi sentivo nudo e inspiegabilmente inappagato. Sono vicine le cose che non volevo vedere, ma è lontana l’ansia che ti fa amare con tutto te stesso anche chi non esiste.

Serve coraggio e tanta autostima, per pensare di meritarti il meglio. Quando il meglio sei tu, il problema è degli altri. Così proseguo: smettendo di inseguire le persone e dispiacendomi per loro, che in preda a qualche scrupolo o a un approccio umanamente consumistico, si perdono il meglio.

E io sono salvo.

Se l’amore non esiste

Deglutisco l’indulgenza riflettendo sulle cose che vorrei cambiare. Passeggio per le strade del centro calpestando il pavé sconnesso. Ripenso all’amore che non esiste, provo a bastarmi.

Se l’amore non esiste, cosa resta? Guardo i portoni chiusi delle case del centro: sempre imponenti, compatti, con quell’aria austera tipica dell’architettura fascista. Non si sa chi ci viva.

Se l’amore non esiste, rimane un lontano sapore dolciastro sulle labbra. Stucchevole, melenso. Rimane l’apparenza di un fine settimana in mezzo ai sorrisi di persone che si improvvisano amiche. Un paesaggio bucolico, ora il mare, ora la neve. Pesanti stoffe pregiate dalla fantasia discutibile ricoprono poltrone disabitate da tempo, nell’anonima hall di qualche albergo. Polvere, cenere, sabbia, sale.

Se l’amore non esiste, restano le scopate violente, fatte con talmente poco cuore che se non fosse per il dolore potresti essere morto. Una camminata in punta dei piedi sul bordo, tra dolore fisico e mentale, aspettando il momento giusto per lasciarsi cadere con la faccia sul pavimento, riprendendo così il contatto con la realtà, pur partendo dai suoi confini.

Se l’amore non esiste, rimane tutto il resto. La voglia di non diventare mai né invincibili né immortali. Il profumo stomachevole degli altri, che però non si può fare a meno di annusare, quasi fosse un feticcio.

Se l’amore non esiste, resta la paura della solitudine. Familiare al punto da risultare una sfumatura della personalità. Assorbita, stemperata, ma mai davvero superata. Restano le solite orge di parole, i grovigli di lettere e di cose dette a metà. Frasi coniugate all’imperfetto. Punti e virgole sparpagliati perfettamente.

Se l’amore non esiste, resta un monosillabo dietro cui nascondere le lecite ambizioni che ci rendono umani.

Se.

La morbosa curiosità di chi vuole sapere dove infili il tuo pisello (o eventualmente quello di qualcun altro)

Sono sul punto di non ritorno. Lì, al confine tra un vaffanculo che nasce spontaneo come margheritine sul prato e quella voglia inalienabile di ridere fino a trasformare l’incompatibilità e il tempismo sbagliato in pura, grottesca, comicità.

Il post sui 21 appuntamenti ha riscosso un certo successo: un po’ perché tante persone si sono riconosciute nel profilo del disperato che -con fare quasi nevrotico- è uscito ventuno volte in dieci mesi nel tentativo (tutto sommato compassionevole) di trovare una persona non sbagliata, e un po’ perché è sempre bello sbirciare nelle vite degli altri. Sul serio: gli amici mi chiedono “stai bene?” e io non so cosa rispondere. Dipende dai giorni, dalle ore del giorno, dalla musica che ascolto e dal luogo in cui mi trovo. Il mio umore non è costante. Sono come tutti, credo: subordinato alle variabili della vita.

Discutibile invece la curiosità morbosa di chi vuole sapere a tutti i costi -magari tramite domande trabocchetto- dove infili il tuo pisello o dove eventualmente infili il pisello di qualcun altro.

Di sesso scrivo e scriverò sempre, è una cosa bella. Qui il discorso però è un altro. Per me non esiste una classificazione sessuale: esistono le persone (giuste e sbagliate) ed esiste l’amore che le lega (sempre giusto, senza eccezioni). Io, che ci ho praticamente costruito una carriera sulla faccenda che ci si innamora delle persone sbagliate perché quelle giuste sono già impegnate con le altre persone sbagliate, nella vita mi sono innamorato solo una volta, di un uomo. Poi ho avuto anche numerose sperimentazioni più o meno varie e dal finale nefasto, ma sempre prodromiche alla ricerca dell’autenticità del sentimento.

Ci sono persone belle e affascinanti, indipendentemente da quello che hanno tra le gambe. Poi ci possiamo fare amicizia, ci possiamo scopare, ce ne possiamo innamorare o possiamo semplicemente allontanarcene perché ci mettono davanti a cose che non vogliamo vedere.

Sono certo che le persone capaci di abbracciare con gli occhi esistano, non sono frutto della mia fantasia; dobbiamo solo imparare a vederle. E a farci vedere.