Alibi
di Andrea Devis
Inaccessibili, lontani dalle definizioni e dichiaratamente disinteressati al peregrinare del cuore. Osservo la fauna di una Milano ormai illuminata dalla primavera, mentre cerco di convincermi che la ruota posteriore della mia bicicletta non si sia irrimediabilmente deformata nell’ultimo salto dal marciapiede alle pietre consumate della strada. Uomini single, incoscientemente soli e comodamente liberi. Scrivo l’ennesimo canto sulle persone sbagliate: una collana di avventure sfoggiata fin troppe volte, decisamente logora. Cerco le parole ma le ho già finite tutte, e a instillare il dubbio è proprio quel vuoto. Perdo la testa per chi non posso avere, proteggendomi dagli eventuali temerari che – con il loro perdere la testa per me – potrebbero concretamente mettere a repentaglio la quotidianità che ora detesto e ora proteggo.
E allora via, un volto e poi un altro, un letto, un profumo fastidioso e inebriante, qualche frase sconcia e un più compìto saluto che con un po’ di coraggio potremmo specificare essere un addio. Nel carosello dei talenti ci dimentichiamo del cuore, per pigriza, o perché lo abbiamo già promesso a qualcun altro cui non interessa. Per salire sul carro dei vincitori, con le briglie ben salde attorno ai polsi, insieme alla paura che qualcuno possa da un momento all’altro provare a strapparcele. Poi ci piace. Fingerci prede, essere carnefici. L’illusione del controllo.
Abbiamo entrambi un paio di occhiali scuri, quando ci incontriamo. Dietro, gli occhi, ancora più scuri. Da anni abbiamo smesso di guardarci. Penso chissà che vita di merda, la sua. E rido. Ma forse nemmeno lo sa, nemmeno se ne accorge, nemmeno la vede, proprio come noi, oggi e sempre. I suoi abbracci, i suoi baci, non sono come quelli che avrei potuto dispensare io. Lo sa. Ma sono oltre, io. Confondo il soggetto, sbaglio strada, mi parlo troppo. E continuo a ridere, tirando le briglie, anestetizzato da nuove illusioni. Sono davvero oltre. Si attraversano epoche e persone, a volte inutili, spesso finendo tra le righe. O sopra, se si è fortunati.
Un approdo incerto e tutt’altro che felice. Ma ho imparato ad allontanarmi anche da chi è arrivato dopo, e ha messo le mani avanti. Io mi sono sporto per afferrarle. Un equilibrio senza grandi slanci emotivi è il vanto di questa primavera. Un uomo, l’amore che posso solo immaginare. Il mio alibi perfetto. Inaccessibile, lontano dalle definizioni e dichiaratamente disinteressato al peregrinare del cuore.
Siamo gestanti di amori che non ci appartengono. Di diritto.
…si avverte una certa frustrazione 🙂 Eppure, da temerario rassegnato, ti dico che il tuo persistere ti farà prima o poi trovare quella persona, quello sguardo, quel fot****issimo fortunato con il quale potrai finalmente fonderti. E noi ex temerari troveremo la pace ricordando il tuo sorriso e la corazza che fortunatamente protegge quel concentrato di bellezza interiore ed esteriore delle quali sei fatto. Riguarderemo ogni tanto l’unico ricordo materiale in nostro possesso: lo scontrino di quella cena cosi breve, cosi bella, cosi unica (anche buona, nda). Nulla di morboso ovviamente, è solo un ricordo xD
…che bella, questa visione “dall’altra parte”!
Una conferma, uno sguardo compatibile. Combacia con il ritratto che ho disegnato qui.
E fuori.
Grazie P!
Grazie a te 😉