Pensieri ad altra voce
di Andrea Devis
Quando si parla di violenza il copione è più o meno sempre lo stesso: pare che la maggior parte delle vittime -crescendo- finisca per diventare sua volta carnefice, replicando le violenze e gli abusi subiti. Questo è quello che si dice, anche se in molti sostengono che si tratti soltanto di una percentuale, e che non sempre sia questa la regola. Mi domando se funzioni allo stesso modo in amore: possibile che le relazioni passate -quelle dolorose, e che in qualche modo ci hanno forgiato- restino in una sorta di DNA dei sentimenti? Se nella vita volgiamo lo sguardo avanti alla ricerca di una relazione di un certo tipo -che magari abbiamo visto da lontano, e alla quale ci ispiriamo- cosa può farci cambiare direzione se non la nostra stessa incapacità di conciliare chi eravamo, chi siamo, e chi vorremmo essere?
Non è sempre facile far quadrare i conti: i ragionieri dell’amore ci provano, ma i risultati sono scadenti. Va sempre a finire che uno poi in certe situazioni -chissà come mai- ci si ritrova, non facendo altro che perpetrare una sceneggiatura già vista. Poi ti senti improvvisamente cambiato, rinnovato, ma altro non hai fatto se non passare a un diverso ruolo all’interno però del medesimo copione: già visto, già sperimentato e già accantonato. Ci muoviamo come palline in un flipper, ed è facile arrivare alla conclusione che “se ancora continui a ricadere nei tranelli mentali di sempre, c’è qualcosa che ancora devi risolvere alla base”. Ma se invece non ci fosse nulla da risolvere? Passiamo il tempo a cercare di cambiare noi stessi, facendoci mille problemi se le cose non vanno e imputando la colpa di tutto a qualche atteggiamento psicanaliticamente risalente a memorabili giorni che nemmeno riusciamo a ricordare lucidamente. Passare dall’altra parte, nel ruolo di quello che “mi piaci ma non abbastanza, e voglio cambiarti, affinché tu possa avvicinarti al mio ideale” non può essere una soluzione? Se non siamo degli sprovveduti, se due cose le abbiamo viste, se siamo cambiati, se siamo migliorati e se siamo cresciuti, perché non potrebbe fare anche qualcun altro questo per noi?
Non possono, una volta tanto, essere gli altri a cambiare per noi? Perché deve essere tutto difficile e carico di sofferenza quando si parla di relazioni e amore? Io mi sono stancato di fare il virtuoso, di essere quello dei grandi gesti, delle acrobazie sentimentali e tutto il resto.
Una delle mie più grandi paure è quella di passare da “vittima” a “carnefice”. Mi terrorizza, proprio. E non so perché ho questa grande paura di poter far male a chi mi sta accanto.
(Post più autobiografico del solito? Comunque grazie, mi ha dato da pensare.)
Ciao Losengri,
No, non più autobiografico del solito. Ed è bene specificarlo, perché ultimamente un sacco di gente si sente coinvolta nei miei post. Ah… quante manie di protagonismo! Io parlo di tutti e parlo di nessuno.
Sono felice che ti abbia dato da pensare, comunque evita di essere terrorizzata: non serve a molto!
Sì, ho notato. Anzi, peggiora la situazione. Qual è la terapia migliore per superare le fobie? 😉
Le fobie, hmm… Qualcuno sostiene che la cosa migliore sia affrontarle di petto, cercando di non rimanere storditi dopo lo shock. Io ho invece sempre pensato che la cosa migliore fosse diventarne portatori sani, che poi -se ci fai caso- è un po’ il senso di questo mio ultimo scritto!
Interessante. Che poi è quello che facciamo da sempre, perché in fondo chi riesce a rinunciare del tutto alle proprie paure?
Nessuno, anche perché non esisterebbe conquista, senza la paura.
(e nemmeno questo blog, aggiungerei)
Bellissima risposta, ora rubo la frase e me la rivendo.
Ah ahahahahah! lo dico sempre io che a quest’ora vengono fuori -così, con nonchalance- le perle migliori!
Ma come fai?! Io sto dormendo sulla tastiera… ah però, è solo l’una. Sto decisamente invecchiando.
Certe cose capitano quando ti stanchi di aspettarle. Non si dice così? Va beh, il concetto è chiaro…
A meno che non ti addormenti prima