La vita è un ciclo, e oggi ha le sue cose
di Andrea Devis
Vorremmo tutti avere la possibilità di trovare qualcuno per il quale valga la pena togliere la maschera. Vorremmo tutti trovare qualcuno abbastanza forte da saperci amare semplicemente per quello che siamo, senza restrizioni o aggiustamenti di sorta.
Vorremmo essere noi quelli deboli e pieni di incertezze, vorremmo vivere palesando i nostri punti deboli con la sicurezza di qualcuno accanto sempre pronto a sorreggerci.
Risultiamo però come quelli forti e sicuri, siamo quelli solidi e incorruttibili, quelli algidi cui la sofferenza sentimentale se colpisce lo fa senza lasciare segni visibili. Così, tutti si sentono in una posizione minoritaria rispetto a noi, e quando cerchiamo -sforzandoci- di vedere nell’altro quella figura forte e solida cui aspireremmo che fosse, ci ritroviamo con un’instabile proiezione tra le mani.
Ci si stanca presto di essere quelli forti, perché ogni tanto vorremmo che la vita ponesse sul nostro cammino qualcuno che ci faccia sentire deboli, capace di mostrarci la strada che ancora dobbiamo percorrere, perché se non ci si migliora vicendevolmente, un rapporto resta soltanto un rapporto a metà.
Poi sul cammino ritroviamo le facce di sempre, perché è tutto un ciclo, e se una cosa la devi chiudere ma non la chiudi, prima o poi la vita te la fa ritrovare davanti al naso; non ha senso fuggire e nemmeno nascondersi. La speranza è che -così come la vita ti costringe a chiudere rapporti e contatti- ti costringa ad aprirne di nuovi, nei quali magari calare finalmente la maschera in nome di una autenticità ritrovata. O forse mai incontrata prima.
Togliere la maschera a qualcuno. trovare qualcuno per il quale valga la pena investire forze in questa sacrosanta battaglia, legittima vita, e poterlo guardare senza maschera. Scrivi su questo Andrea Dévis, che scrivi benissimo.
Grazie!
Ci scrivo, ne ho scritto, e continuerò a farlo; perché nonostante tutto non ho ancora smesso di crederci. Credo.
Grazie per la tua visita.
Al signor L. torna in mente un vecchio insegnante napoletano che diceva loro “eran treciento, eran giovani e forti e son tutti morti”. Per dire che se muoiono anche i forti allora si può fare a meno di essere forti 🙂
“Treciento”? Diceva così?
Se muoiono i forti, forse, avere una semplice soglia del dolore alta, può elevarci a nuovi paladini della resistenza.
Treciento con la i, per quello il signor L. lo ricorda, altrimenti l’avrebbe dimenticato. Lasci perdere il dolore, Andrea, non serve a granchè 🙂
Signor L., tutte queste citazioni e i consigli sul dolore (e relativa inutilità) sono molto azzeccati.
Se fossi stato un tipo facile mi sarei già innamorato della tua testa.
🙂
L’ultimo paragrafo è molto mio…vita vissuta…vorrei averlo scritto io e così ho deciso di farlo mio.
Grazie Andrea per essere sempre un passo avanti 🙂
Beh, mi fa piacere contessa 😉