andreadevis

singer / songwriter / vocalcoach

Tag: vita di coppia

Non aspetto mai domani per essere felice

Non aspetto mai domani per essere felice. Non aspetto mai domani per amare. Lo faccio e basta. Fanculo le mosse precipitose, i momenti giusti e le persone sbagliate.

Questa mattina mi sono svegliato di buon ora per preparare una crostata di ciliegie, poi ho infornato del pane con i semi di girasole, e già che c’ero ho fatto anche una salsa alle arachidi per accompagnare gli hamburger di ceci cucinati ieri notte. Harriet Van Horne diceva che cucinare è come amare: o ci si abbandona completamente o si rinuncia. Nulla di più vero. Mi piace vedere felice chi amo, incaricarmi della sua felicità.

È stata una buona mossa quella di lasciare i muffin con i lamponi in bella vista sul mobile fin da subito. Era come se ci ricordassero che la scena sarebbe stata loro, poco più in là. Al tavolo, tutti cantanti. Amici vecchi di dieci o quindici anni, conosciuti dietro al microfono di qualche studio di registrazione tra armonizzazioni e unisoni perfetti. Tutti sopravvissuti all’amore: felici, claudicanti, perennemente impavidi. La figlia di Sara ha diciassette anni, ed è deliziosa. Era totalmente rapita da me e dai miei racconti, tant’è che alla fine non ha resistito e mi ha domandato cosa pensassi del gay pride, del family day, delle coppie di fatto, dell’adozione e il resto.

La verità, per favore. È quello che avrei pensato a diciassette anni: senza le paure che la gente crede abbia patito, ma con molti altri più significativi interrogativi (che credi far parte dell’adolescenza ma che invece poi capisci far parte dell’intera vita). Non sarebbe stato molto nel mio stile mettermi a parlare di attualità, e cercare di definire il concetto di moralità sarebbe invece sembrato piuttosto anacronistico.

Le ho detto: l’unica cosa che conta davvero è l’amore. Amare non è mai un errore. Chi ama, non ha mai torto.

Il resto sono cazzate.

PranzoDomenica

Ci si innamora delle persone sbagliate se ci si sente sbagliati (il momento giusto è adesso)

Un gran mal di testa, questa mattina. Non so per quale motivo abbia bevuto così tanto ieri sera. Ripensandoci forse invece lo so. È lo strascico dello scorso fine settimana: la paura delle mancanze, delle delusioni e sopra ogni altra cosa l’esigenza di trasformare una splendida avventura in qualcosa di meno effimero. Non avevo voglia di pensarci.

Gli operai hanno lavorato alla strada anche oggi, per qualche ora. Quando mi sono alzato ho spostato le tende per dare un’occhiata, ma è stato il cielo a catturare la mia attenzione. Milano in questi giorni è totalmente grigia. Un tempo forse avrei accordato il mio umore all’atmosfera; ora non più, non adesso.

Solo qualche mese fa una giornata come questa mi avrebbe piegato dal dolore. Quello invisibile, s’intende. Rileggo i miei vecchi scritti, ascolto Phil Collins, mi godo questa serenità: imposta e poi spontanea. Ho smesso di provare a interpretare i pensieri che spesso gli altri nemmeno hanno. Ho iniziato a concentrarmi su di me, perché sono io il mezzo più veloce per raggiungere la serenità (mia e altrui).

Mi innamoravo delle persone sbagliate non tanto perché quelle giuste fossero già impegnate con le altre persone sbagliate, ma perché io per primo mi sentivo sbagliato. Con questa ritrovata consapevolezza mi districo dal groviglio dei pensieri. Ho smesso di torturarmi quando ho capito che il modo migliore per vivere i rapporti è concentrarsi sul momento che si sta vivendo, provando a rendere migliore la vita di chi abbiamo a fianco: dieci anni, due mesi, una notte… se sei bravo può bastare anche il solo frangente di un sorriso, o di uno sguardo.

Cerchiamo qualcuno che ci liberi, non lo troviamo, ci lamentiamo degli insuccessi e dei fallimenti, alimentiamo la rabbia, coltiviamo l’insofferenza e la depressione. Ma chi vorrebbe a fianco qualcuno così? Liberiamoci da soli, e iniziamo a diventare più simili a quell’immagine di noi che abbiamo messo sotto spirito in attesa del momento giusto.

Principi azzurri e principesse rosa travestiti da rompicoglioni non potranno mai riconoscersi, ma solo respingersi.

Il momento giusto è adesso.

È difficile

Sto provandoci, ormai da un paio di mesi a questa parte. Tutto è iniziato dopo aver messo nero su bianco le mie mestizie sentimentali. Poi c’è stata la fuga dai social network. Alla fine è arrivata la primavera e ho deciso di provare ad adeguarmi. Se sei stanco di essere depresso, smetti di esserlo. Non bisogna lasciarsi scoraggiare da chi dice che è difficile. La vita, è difficile. È lapalissiano. Se ci pensassimo bene – guardandoci indietro e dentro – ci renderemmo facilmente conto che abbiamo superato tutto sommato situazioni ben peggiori. Ma dove è finita la determinazione che in passato ci ha permesso di raggiungere i traguardi della vita?

Avevo circa diciotto anni quando mi misi in testa di riuscire a cantare un brano molto complesso, di una cantautrice americana. Toccava note irraggiungibili per la maggior parte del genere umano, tra cui un Do della settima ottava. Mi dicevano è difficile. Era vero, e non pensai mai che non lo fosse, così come non pensai mai – nemmeno per un momento – che potessi non riuscirci. Mi dicevano anche che la strada della musica non mi avrebbe portato lontano, e che scrivere e cantare non poteva diventare un mestiere. Un anno dopo ero in televisione, sul podio del festival di Castrocaro. Avevo sbaragliato la concorrenza cantando proprio quel brano, quello difficile.

Prima ancora – quando finii le scuole medie – la mia insegnante di italiano mi disse di lasciar perdere il liceo – è difficile – e di iscrivermi invece a una scuola professionale. A me sembrava una cazzata colossale. Ero convinto di quello che volevo. Gli anni del liceo artistico sono stati fantastici. Gli anni dell’università probabilmente ancora di più.

Mi dicevano che volevo troppo, e che avrei dovuto ridimensionare le mie pretese, perché l’amore è fatto di tanti piccoli compromessi. È difficile. Eppure dieci anni fa mi sono innamorato sinceramente, ed è andata avanti per tanto tempo. Abbiamo fatto tantissime cose insieme, e ci siamo cambiati vicendevolmente, diventando persone migliori. Talmente migliori che ancora oggi – seppur in modo diverso – continuiamo a volerci un gran bene.

Mi han detto è difficile anche quando ho deciso di comperare una casa con la veranda di vetro, a Milano. Io ho solo pensato a quanto la desiderassi, e a quanto fossi già fortunato. Ora sto scrivendo mentre dalla vetrata osservo la via, domandandomi quanto lontano ancora riuscirò ad andare.

Non so perché a volte ci si dimentichi dell’importanza del desiderio. Siamo noi quelli che costruiscono il futuro. Le cose accadono se le desideri davvero, e se tu per primo inizi a guardare il mondo con gli occhi di chi ancora crede nella magia più grande: l’amore. Può sembrare retorico e melenso, ma è così.

Io ci provo, anche se qualcuno starà già pensando che è bello, sì, ma è difficile.

Infedeli pure a se stessi

L’altro giorno, su segnalazione di un amico, leggevo un articolo riguardo la monogamia. A quanto pare l’esclusività sentimentale sta iniziando a diventare obsoleta. Nel giro di un po’ di tempo -stando a quanto scritto- arriveremo ad avere non più un solo amore, ma tanti amori; dunque svariate relazioni simultanee. Ci troveremo a dover riclassificare la doppietta matrimonio/adulterio, e a riconsiderare ciò che è morale e cosa invece non lo è.

Mentre riflettevo tra una tazza di caffè e il mio portatile, qualcosa non mi tornava.

Troppe persone considerano le relazioni una mera condivisione di un progetto comune con qualche scopata qua e là, coronando poi il tutto con la parola più abusata al mondo, ovvero “amore” (termine per altro troppe volte violentemente ed erroneamente reinterpretato). Ma cosa stiamo dimenticando? È un discorso di fedeltà? Forse più di responsabilità. Responsabilità nei nostri e altrui confronti, e semmai di fedeltà verso i princìpi che seguiamo (qualora questi ci siano). Si sente così spesso parlare di famiglia, che ormai nessuno si concentra più su quello che dovrebbe stare alla base di un’unione, ovvero il rispetto e l’amore. Sarà un concetto mellifluo, ma è così. In troppi fuggono dalle responsabilità (di qualsiasi tipo), dunque non posso fare a meno di domandarmi: le relazioni simultanee, sono solo una banale copertura?

L’amore non è una cosa per persone deboli e facilmente impressionabili. Ci sentiamo soffocare quando qualcuno entra nei nostri spazi vitali, siamo terrorizzati dall’idea di dover spartire qualcosa con qualcuno, abbiamo paura di fare promesse per paura di non saperle mantenere (e di deludere così chi in teoria amiamo): come possiamo non pensare che sia tutta una gigantesca presa per il culo? Le relazioni simultanee di cui parla l’articolo sono un’utopia, ma non solo per una questione morale. Volendo potremmo anche imparare a gestire più amori in contemporanea, rivedendo così il concetto di “matrimonio”, ma sarebbe fatica sprecata. Non giriamoci intorno: in un mondo dove manca la materia prima per dar vita anche a una sola relazione, immaginare di averne addirittura due o tre in contemporanea è pura fantascienza.

 

 

Non fa ridere

La vita ci mette tanta ironia, a volerla vedere. Ironia che non fa ridere, non me. Quando a notte fonda non riesco a dormire, riesco a pensare, sentendomi finalmente senza maschere, e vicino a un concetto di nudità che non contempla pudore. Mi domando se anche gli altri riescano a trovare il tempo per sentirsi così. A volte scappiamo dall’intimità della coscienza, e anche se apparentemente ci sentiamo più forti, non facciamo altro che rivelarci vulnerabili.

Dimentichi qualcuno, e poi per caso te lo ritrovi davanti. C’è chi sostiene che il caso non esista. Tutto ciò che accade, accade per un motivo preciso. Mi domando quale ruolo abbia il tempismo in tutto ciò. Mi sfugge. Sfuggo anche io. Sfuggono le risposte, le domande, e i pensieri che mi fanno compagnia nelle notti in cui non dormo.

In un paio di settimane, ben due incontri fortuiti fatti per strada, con persone (sbagliate, giuste, passate, presenti… ho smesso di domandarmelo) che hanno riempito la mia testa di domande. La vita mette ironia nell’accavallare e annullare eventi e passioni. Ma non fa ridere, non me.

Probabilmente sono solo un fottutissimo romantico con il feticcio del ricordo. Non dimentico, archivio. Poi, in preda al nevrotico bisogno di rivedere e cercare nuove chiavi di lettura, ciclicamente finisco a sfogliare pagine di un passato ancora non abbastanza remoto.

Incrocio per strada pezzi di universi paralleli (ovvero tanti “come sarebbe stato se”, i miei elementi di tortura preferiti) ma mai una volta che venga investito e sorpreso dalla forza e dal coraggio di qualcuno. Ci sono più probabilità di essere investiti da un’auto, soprattutto da quando hanno invertito il senso alla via dove abito. Dovrei invertire anche io il senso, e pensare solo al futuro, senza interrogarmi troppo sulle scelte -discutibilissime- degli altri.

Non fa ridere, non ancora.