andreadevis

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È colpa mia (stress emotivo)

Sto male. Fisicamente intendo (di testa già si sapeva). Da circa due mesi la tosse e la sinusite -slegate da qualsiasi altra manifestazione virale- non mi danno tregua. Ho fatto esami costosissimi (però molto accurati, eh) prescritti dal medico, e per farla breve pare che la colpa sia da imputare allo stress emotivo. È colpa mia, insomma. Gran bella presa per il culo. Oltre alla società -che non perde mai occasione per farmi pesare la condizione di single trentenne- ci si mette anche lo stato fisico, abbassando le difese immunitarie in quanto troppo stressato da iper sensibilità e sentimentalismo inespresso.

Sto provando a convincermi di essere felice, e sto anche uscendo con un sacco di gente nuova, ma fino ad ora non è che sia andata proprio benissimo. E quando trovo qualcuno di carino, poco dopo…

  1. Si scopre che ha già un’altra relazione (vedi la mia ultima sbandata: violentissima, e tra l’altro ingiustificata)
  2. Inizia a frequentarsi con quel ragazzo tanto carino che fino a una settimana prima pareva totalmente inaccessibile
  3. Chiarisce che vuole solo scopare (e con partner sempre diversi, quindi manco una ripassata di consolazione si riesce a rimediare)
  4. Parte per tornare in Spagna (per sempre)
  5. Ha il cazzo piccolo (o, se è una donna, è una bacchettona frigida e anorgasmica)
  6. Vanta tutti i precedenti cinque punti, incoerentemente intrecciati in un’assurda convivenza mentale dai risvolti psicopatici 

L’altro giorno, poi, un signore mi ha domandato se avessi figli. Ho improvvisamente realizzato di essere diventato grande e gli ho risposto a gran voce: “Porca troia! No, non ho figli e non ho nessuno con cui farli! Sono solo. A malapena riesco a fingere di mantenere me stesso, figuriamoci un’eventuale discendenza. Lei dovrebbe capire che nel 2014 è più decoroso domandare a un semi sconosciuto se pratica una qualche forma di sesso estremo, piuttosto che porre una scomoda domanda sulla propria progenie e tutto il resto!” ma nella mia testa. Perché poi se sei giovane, carino -ma solo- la gente ti guarda male, e ti isola. Se sei solo e nessuno ti si piglia ci sarà anche un motivo, no? In realtà no, non c’è. O se c’è, io non ne sono a conoscenza. Perché dovrebbero dunque saperne qualcosa gli altri?

Sarebbe bello se l’incompatibilità amorosa (reale o presunta che sia) fosse un banale malanno di stagione, diagnosticabile attraverso un esame del sangue e curabile con un semplicissimo antibiotico.

Momentaneamente sentimentalmente impreparato

Mi ritrovo ancora lì, seduto solo a pensare, mentre aspetto il mio pancake con lo sciroppo d’acero e le fragole fresche tagliate in quattro spicchi. Mi sento inquieto e allo stesso tempo sereno, in un’alternanza di picchi. Milano è grigia senza concessioni all’azzurro e con un vento che lascia presagire un acquazzone che tarda sempre troppo ad arrivare. Mi voglio finalmente abbastanza bene da concedermi un momento -più o meno lungo- nel quale pensare, senza angoscia, e nel quale scrivere. Scrivo per me e per chi, come me, crede ancora in quelle cose tanto desuete quanto indispensabili come sono i sentimenti e le connessioni tra le persone. Puntuali, taglienti, a volte spietate, le casualità che ci fanno incontrare gli altri in determinati momenti della nostra esistenza hanno sempre qualcosa di irresistibilmente paranormale, nel bene o nel male.

Ma l’amore, come funziona? Chi l’ha conosciuto, tende a riconoscere amori futuri da quegli stessi sintomi. Ma se la testa non la perdi, se i pensieri non si bloccano, di cosa si tratta? Ci si ostina a rincorrere quello che viene socialmente riconosciuto come “innamoramento” quando magari siamo già oltre, o magari siamo addirittura su di un altro pianeta ancora. Siamo disposti a lasciar perdere le famose farfalle nello stomaco (orrenda immagine tra l’altro) per la maturità e la razionalità di un rapporto che si colloca senza fronzoli in una dimensione -in una sola parola- più adulta?

È come se all’appello mancasse sempre qualcosa: una volta è troppo, l’altra troppo poco, e poi capita che non ci si ritenga ancora pronti. Pronti per che cosa, non si sa; ma se avessimo la determinazione e la capacità di diminuire le domande e aumentare -fregandocene del margine d’errore- le risposte, forse potremmo ritenerci un poco più pronti a scoprire la vita, e magari, anche il tanto famigerato amore.

Circoncidere la circostanza

Credo di essere ufficialmente arruolato nell’esercito dell’amore. Sono uno di quei soldati disposti a tutto pur di proteggere quello in cui credono. La mia bandiera è universale e i miei nemici non hanno un’uniforme attraverso la quale possano essere riconosciuti. Ho fatto il militare dell’amore e non ho mai perso la fiducia nel sentimento; semmai ho perso fiducia nelle persone.

Sono sempre stato razionale anche in fatto di relazioni, ma mi rendo conto di aver perso lucidità. Forse ascolto troppo -che sulla carta potrebbe essere un buon modo per capire gli altri- o più verosimilmente interpreto male. Magari interpreto troppo e ascolto male, ecco.

Mi guardo intorno. Come mio solito me ne sto fermo a osservare in silenzio le persone che girano per le vie del centro. Milano è un ricettacolo di idee e stili di vita. Vedo ragazzi tutto sommato mediocri e trascurabili felicemente accoppiati e in grado di riconoscersi in un modello. Mi domando sottovoce e con un filo di presunzione se io non abbia troppo da dare; quel “troppo che impegna” e che non concede pause alle idee.

Qualcuno mi ha detto che sono bello: non un bello impegnativo e che mette in ombra, ma un bello piacevole, da sfoggiare. Qualcuno mi ha detto che sono pieno di sorprese e che la passione che metto in quello che faccio è deliziosamente anacronistica. Qualcuno mi ha detto che so parlare (e spero anche scrivere) e che ho modi gentili e uno sguardo mai arrivista. È bello essere -ammesso che lo sia davvero- queste cose, però non posso fare a meno di pensare che sia tutto solamente un’indecifrabile, enorme, presa per il culo.

Che cosa te ne fai di tanti begli aggettivi se poi puoi unicamente utilizzarli per  narcisistici complimenti da ridicolo autocompiacimento davanti allo specchio? Quello che conta è quello che si è, ma se c’è una cosa che conta di più è il privilegio di poterlo condividere con qualcuno.

Circoncidere la circostanza è un’attività inutile. Recidere i recidivismi è impossibile. Fermasi a pensare è male, perché chi si ferma, è perduto.