andreadevis

singer / songwriter / vocalcoach

Tag: sesso con sconosciuti

Un martini doppio per due

Il retrogusto dolciastro lo sento tutto. Se mi sforzo riesco addirittura a percepire una punta di artemisia. Mentre mi gusto anche il rumore dei cubetti di ghiaccio, penso alla scorza del lime che – quasi sempre assente – viene interpretata da un limone o da qualche arancia un po’ presuntuosa. L’alcool bagna le parole, portandosi via quel poco di timidezza che – a trent’anni – ho imparato a travestire da eccitante perbenismo. È meglio non conoscersi troppo: chi ti osserva a un primo sguardo vede la superficie e – per chi come me è abituato a indagarsi solo nel profondo – fa bene ricordarsi di quello che gli altri vedono. Raccolgo complimenti che non sanno di essere tali.

Non è totalmente il mio genere, anzi. Eppure ha qualcosa di tremendamente sexy. Le mani? Forse il modo di camminare. Non credo sia la voce. Escluderei gli occhi. Cosa direbbero i miei amici che non perdono mai occasione per farmi notare la disarmante somiglianza delle persone con le quali mi relaziono? Forse ci sono: il suo odore? No. Non ha nulla di riconducibile agli altri. Eppure è lì che mi sfiora il ginocchio, mentre aspetta di poter mettere la sua mano sul mio fianco, non appena avrò appoggiato le mie labbra sul suo collo. Poi succede, e capisco dov’è il suadente elemento ricorrente. Non c’è.

Mi allontano dai prototipi, dimenticando in quella discordanza di caratteristiche i volti di chi in passato ha occupato i miei spazi. Il cervello non riesce a razionalizzare il piacere, e in quello stesso istante il conflitto tra esigenza reale e immaginaria se ne va finalmente a fare in culo accompagnato dalla sfumata conclusiva di “Tell Me” dei Groove Theory.

Sesso con-cesso

Avete presente quando dicevo che l’aspetto fisico non conta, che la bellezza è relativa e che l’apparenza dovrebbe essere l’ultima delle preoccupazioni quando si parla di relazioni?

Mentivo.

È capitato a tutti di fare del sesso grandioso con persone che non presenteremmo mai agli amici, o peggio: con le quali non ci faremmo nemmeno vedere in giro. Qui però non si parla né di amore né della capacità di riuscire ad andare oltre la fisicità. Il problema è sempre quello: il giudizio degli altri. Siamo veramente disposti a lasciare che condizioni la nostra vita (sessuale e non solo)? Siamo schiavi dell’apparire, con la bramosia di sembrare quello che non siamo: ovvero semplicemente felici. Questo faticoso lavoro ci toglie l’energia per guardare gli altri con obiettività; se riuscissimo ad andare oltre quella stessa apparenza che inseguiamo, ci renderemmo conto che la gente dissimula, e che la loro felicità è spesso il solo riflesso delle nostre insicurezze.

C’è anche un’altra strana legge che governa le relazioni, da temere in considerazione (il refuso è voluto). Se una bella donna esce con un uomo non esattamente bellissimo, gli altri non pensano che in quella donna ci sia qualcosa che non vada, ma sono portati a pensare che lui abbia qualcosa di speciale (rendendolo così più attraente di quanto non sia e facendolo salire di posizione nella classifica degli uomini papabili); potrebbe essere un amante mozzafiato travestito da sfigato, o un importante personaggio di spicco della finanza internazionale (onestamente, che ne sappiamo noi della finanza internazionale e di chi siano i suoi protagonisti?) o potrebbe essere semplicemente molto ricco. Riflettendoci meglio, la gente potrebbe anche pensare che lei sia una puttana e basta.

Si tratta di ansia sociale, di stress da comunicazione collettiva. Siamo bombardati da continue richieste di condivisione; tutti si sentono in dovere di dire quello che passa loro nella mente, di condividere fotografie inutili, e di raccontare dove si trovano e cosa stanno facendo. Ormai addirittura i pensieri sono sottoposti al giudizio della collettività. Il vero status symbol, è diventato non avere un cazzo da dire e riuscire pure a farlo bene.

Masturbazione cerebrale di gruppo in luoghi pubblici

Il vero piacere è quello che nasce dal cervello. Le persone godono quando a essere sollecitato è il loro desiderio. La mente è capace di generare il più magnifico degli orgasmi senza che il corpo prenda necessariamente la parte del protagonista indiscusso. Spesso, situazioni potenzialmente rischiose e improbabili, risvegliano il vero punto G radicato in ogni donna e in ogni uomo.

Oggi torno a indagare la razza umana attraverso l’analisi di un comportamento che ho di recente scoperto essere comune in numerosi bagni pubblici di altrettante numerose città europee. Non sono mai stato un bacchettone, eppure non ne sapevo quasi niente. A sfuggirmi, è la genesi del piacere.

Pare che in alcuni non-luoghi non meglio specificati, esista una lista -più o meno nota- di bagni pubblici (stazioni ferroviarie, fermate metro e simili) dove gli uomini possono ritrovarsi per condividere un momento di celebrativa masturbazione -singola- di gruppo. Finisci di lavorare, esci dalla palestra o sei in anticipo sulla tabella di marcia? Vai in bagno, scambi qualche occhiata di intesa, e ti pasticci con il tuo vicino di vespasiano. Non c’è contatto, non ci sono convenevoli, e la cosa non prosegue oltre in alcun modo (pare non succeda quasi mai).

Che tutto ciò sia una metafora del mondo moderno? Ci si relaziona in modo decontestualizzato e subdolo forse per prevenire gli effetti collaterali che il nostro cervello genera dopo episodi potenzialmente -sentimentalmente- dannosi? Si azzera l’aspettativa, ed è tutto desiderio. Che cosa spinge una persona a condividere qualcosa di così intimo (o forse, per nulla) con uno sconosciuto? Magari il branco, il narcisismo di chi “guarda ma senza toccare”, la celebrazione di qualcosa di estemporaneo nel quale non serve prendere posizione (in tutti i sensi), o magari il sapere che non servirà bofonchiare nemmeno mezza parola (che poi è un attimo che dici la cosa sbagliata).

In un ambito “sentimentale”, questo atteggiamento decontestualizzante, non è alla lunga distruttivo? Le persone sono incapaci di comunicare, o hanno semplicemente smesso di volerlo fare perché ormai non c’è più molto da dire (e nessuno cui dirlo)? Il confronto mancato di comune accordo può essere per qualcuno l’eccitante diversivo in un noioso pomeriggio di fine estate, ma continuo a credere che possa anche rappresentare il desiderio nascosto di condividere un poco di quello che si è -o che si ha- senza ulteriori preoccupazioni.

Bastasse una sega in compagnia per demonizzare anni di romanticismo, poesia, arte e sofferenza, forse saremmo tutti più sereni, ma certamente anche molto più ignoranti; e comunque, stazionando pur sempre in un cesso.