andreadevis

singer / songwriter / vocalcoach

Tag: punti di vista

Vorrei mettermi con te ma non ti amo

Hai tutto quello che mi piace, sulla carta rasenti la perfezione. È strano, perché quando stiamo insieme sto bene, ma stare semplicemente bene non è mai sufficiente. Il modo in cui parli, le cose che dici… sembra tutto così comprimario al mio modo di vedere le relazioni. Le bottiglie di vino bianco ghiacciato che hai aperto per me nemmeno più si contano. Per me hai anche cucinato, ora che ci penso. Sei ancora lì, che aspetti una risposta per sapere quando usciremo di nuovo. Ormai ci conosciamo da un po’, e ho sempre commesso l’errore di pensare che non ti interessasse molto uscire dalla stanza. La stanza: ci ho anche scritto una canzone. È il paradiso degli amanti e l’inferno degli innamorati.

Per qualche attimo -con le tue lusinghe- hai quasi messo a tacere le mie incertezze, facendomi sentire bello. Hai una vita stabile e valori anacronisticamente validi, soprattutto in un’epoca dove sembra che le persone abbiano smesso di pensare: dimenticando l’importanza del desiderio e abbracciando una poco sana bramosia.

Che sia io -algido e analitico- a precludere ogni possibilità? Inizio a pensare di non essere poi così distaccato dalla realtà, e di avere esigenze tutto sommato legittime. Tra le altre cose, l’ultima sbandata l’ho presa proprio per qualcuno che mi piace pur essendo distante dal mio ideale: età, psiche, estrazione sociale, vissuto… ho pensato che uscendo dagli schemi, le cose potessero essere diverse. Infatti lo sono state. Sono state peggio.

Ancora ci penso. Ma l’amore è tutt’altro. Anche tu mi piaci, ma manca qualcosa. Quel qualcosa che deve scattare subito o quasi subito, altrimenti niente. Poi -a quel “qualcosa”- si può decidere se dare ascolto o no, però io non me la sento di rinunciare al meraviglioso casino nel quale i sentimenti ci fanno cadere. Ho trent’anni e voglio vivere, soffrire e poi amare. Quindi pur essendo tutto così bello, resto fedele all’autenticità del cuore.

Per tanta gente il sentimento non è indispensabile, ma io non me la sento di lasciar perdere. Vorrei mettermi con te, ma non ti amo.

Legami (luoghi impressi in fondo agli occhi)

È notte. Sto rientrando a casa attraversando in taxi una Milano avvolta nella nebbia; è incredibile quanto certi luoghi mi parlino: strade, edifici, crocevia… mi domando cosa sia a legarci veramente ai luoghi che abitiamo. Penso, cercando il capo di una matassa che pare ogni giorno più ingarbugliata. Trascorro la mia vita provando a mettere in ordine le cose e quando finalmente mi sembra di intravedere un po’ di ordine, tutto improvvisamente torna a confondersi. L’attaccamento ai luoghi -del corpo o anche solo della mente- è legato all’amore: a quello vissuto davvero e a quello rimasto inespresso. L’amore per la nostra famiglia ci lega al nostro luogo natio, e l’amore per qualcuno -o un ritrovato attaccamento a noi stessi- ci lega a nuovi scenari. Marguerite Yourcenar, nelle sue Memorie di Adriano dice che il vero luogo natio è quello dove per la prima volta si è posato uno sguardo consapevole su se stessi, e non c’è nulla di più vero. Quello dell’identità è un discorso importante, da molti sottovalutato. Così come è difficilissimo interrompere una relazione d’amore con un’altra persona, è complicato allontanarsi dai luoghi nei quali abitano i nostri sentimenti. Quando lasciare andare qualcuno che si ama diventa indispensabile, si soffre; ed è così anche quando -per ritrovare noi stessi- ci troviamo costretti ad allontanarci dai luoghi impressi in fondo ai nostri occhi. Le separazioni sono dolorose, a volte non necessarie, altre indispensabili, ma comunque conducono da qualche parte, facendoci attraversare nuovi territori, e soprattutto permettendoci di guardare il mondo con gli occhi di chi ha ancora voglia di sorprendersi.

Punti di vista

Ogni tanto mi fermo a pensare e faccio uno strano gioco. Immagino di essere chi sono, e di trovarmi a tu per tu con la persona che ero cinque, o dieci anni fa. Lascio che mi ponga tutte le domande che mi gironzolavano in testa, e con un mezzo sorriso fornisco responsi soddisfacenti ma anche un poco misteriosi. Mi compiaccio per le tante risposte che ho saputo trovare, ma senza nascondere l’amarezza per qualche meta ancora lontana e per qualche questione ancora oggi insoluta. 

Essere più vecchi non significa essere più saggi. Avere trent’anni e non venti non vuol dire essere maturi, ma solo meno coglioni. O forse coglioni lo si è ancora, ma in maniera diversa e in proporzione variabile a seconda dei giorni e delle circostanze. Ho imparato a considerare le frustrazioni una benedizione, perché è attraverso di quelle che si diventa persone migliori, imparando ad aggiustare il tiro e a lavorare su quello che non funziona. Il confronto è difficile e a volte ne si esce feriti; per questo molte persone scappano quando si trovano innanzi a chi è capace di andare oltre con un solo sguardo. Succede per caso, e senza magari neanche volerlo ti ritrovi laggiù: oltre la paura, oltre la rabbia, oltre tutte le cazzate dietro alle quali troppo spesso ci si nasconde. Attraverso gli altri si cresce, ci si impara a guardare, riconsiderando e rileggendo atteggiamenti passati e/o rimossi. Attraverso di noi gli altri cambiano e addirittura qualcuno migliora.

La cosa più difficile rimane imparare a guardare sé stessi con obiettività, comprendendo i propri talenti, la sensibilità e l’unicità che contraddistingue. La cecità del cuore potrebbe anche restare un handicap notevole, ma se avremo saputo scegliere le persone giuste, avremo sempre al nostro fianco qualcuno in grado di guardare per noi, e di ricordarci, senza paura, chi siamo.