andreadevis

singer / songwriter / vocalcoach

Tag: nebbia

Legami (luoghi impressi in fondo agli occhi)

È notte. Sto rientrando a casa attraversando in taxi una Milano avvolta nella nebbia; è incredibile quanto certi luoghi mi parlino: strade, edifici, crocevia… mi domando cosa sia a legarci veramente ai luoghi che abitiamo. Penso, cercando il capo di una matassa che pare ogni giorno più ingarbugliata. Trascorro la mia vita provando a mettere in ordine le cose e quando finalmente mi sembra di intravedere un po’ di ordine, tutto improvvisamente torna a confondersi. L’attaccamento ai luoghi -del corpo o anche solo della mente- è legato all’amore: a quello vissuto davvero e a quello rimasto inespresso. L’amore per la nostra famiglia ci lega al nostro luogo natio, e l’amore per qualcuno -o un ritrovato attaccamento a noi stessi- ci lega a nuovi scenari. Marguerite Yourcenar, nelle sue Memorie di Adriano dice che il vero luogo natio è quello dove per la prima volta si è posato uno sguardo consapevole su se stessi, e non c’è nulla di più vero. Quello dell’identità è un discorso importante, da molti sottovalutato. Così come è difficilissimo interrompere una relazione d’amore con un’altra persona, è complicato allontanarsi dai luoghi nei quali abitano i nostri sentimenti. Quando lasciare andare qualcuno che si ama diventa indispensabile, si soffre; ed è così anche quando -per ritrovare noi stessi- ci troviamo costretti ad allontanarci dai luoghi impressi in fondo ai nostri occhi. Le separazioni sono dolorose, a volte non necessarie, altre indispensabili, ma comunque conducono da qualche parte, facendoci attraversare nuovi territori, e soprattutto permettendoci di guardare il mondo con gli occhi di chi ha ancora voglia di sorprendersi.

Amori stanchi e amori stronzi

Il problema è sempre la testa, dove tutto ha origine e dove tutto ha una fine (prima o poi).
È un caos quando ti ritrovi all’incrocio dei pensieri spaesato senza sapere bene dove andare. C’è poi la stanchezza, che coglie tutti, indistintamente, trascinando giù nel vortice di quei pensieri farraginosi e poco definiti dai quali se ne esce solo per sfinimento. Ecco, la stanchezza può avere anche dei lati positivi che il mio animo ottimista non può esimersi dal raccogliere: quando siamo veramente esausti, e pensare ad amori nuovi, eventuali, futuri, inesistenti, passati, assenti e straboccanti non può rappresentare altro che l’ennesima caduta verso l’ennesima giornata di stasi dal mondo, possiamo assentarci. Approfittiamo della testa che ci chiede pietà e stacchiamo la spina; tanto non si può fare altro. Restiamo lì, e mentre le cose rimangono invariate (perché quasi nulla cambia in autonomia) pensiamo ad altro.
A volte si vorrebbe solo guardare avanti, ma quando ci si riesce, all’orizzonte non appare nulla. Il passato è tra la nebbia, e senza più una linea definita, non sai valutarlo con trasporto. Il futuro è invisibile, e delle aspirazioni, si fa fatica a fidarsi.
Relativizziamo i problemi ed eleviamo la superficialità temporanea a nuovo necessario valore morale.