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Tag: lacrime

La consapevolezza di chi non torna

È un martedì mattina travestito da domenica di primavera, con il sole, la strada deserta, quindici gradi e tutto il resto. Mi immergo fino a pochi millimetri dal naso nell’acqua calda della vasca e spio tra le persiane della finestra che da sulla via principale. Rubo un’immagine al mio passato, quello stesso passato che cerco di dimenticare ma nel quale finisco per crogiolarmici sempre. Che puttane, le lacrime! Ho scoperto che però puoi affogarle nell’acqua della vasca senza grandi sforzi. Bisogna solo immedesimarsi un po’ di più negli altri, ed essere meno egocentrici. Se qualcuno non torna, è perché non vuole tornare. Quante volte hanno provato a far tornare me, sui miei passi? Svariate.

Chi non torna è consapevole della sua scelta. Smettiamola di rompergli i coglioni.

Mi domando

Mi domando che senso abbia girovagare nella notte alla ricerca di risposte che non si trovano in nessun luogo. Strade semi deserte ma non abbastanza silenziose da alimentare l’idea che siano tue. Un appuntamento ormai consueto, quello con la Milano d’agosto, che diventa tutta un presuntuoso abbassarsi di saracinesche e un fuggire via da una vita che non piace (ma senza farsi troppe domande sul perché sia così).

Mi domando quale sia il senso di tante frasi lasciate a metà, di tanti baci dati ma poi dimenticati, e di quegli abbracci presi anche se più per rassegnazione che per desiderio. Mi chiedo che senso abbia cercare di essere qualcun altro, quando forse sono gli altri a non andare bene. Mi chiedo quale senso ci sia in quell’inquietudine alla quale ho regalato troppe notti, e se siano serviti i rimproveri della coscienza.

Mi domando quale sia il senso delle tante persone che hanno gravitato intorno alla mia vita; il senso di quelle per le quali ho versato preziose e immeritate lacrime, il senso di quelle che ho dimenticato, di quelle che mi hanno dimenticato, e di quelle che ho finto di dimenticare senza riuscirci mai davvero.

Così, non rimane che la notte

Ogni tanto, quando la sera tardi mi ritrovo a guidare su strade semi deserte illuminate solo da qualche lampione solitario, mi capita di piangere. Mi piace pensare che le lacrime piante mentre si è in movimento verso un posto siano come astratte, appartenenti a un luogo e a un momento che non esiste. Fa bene piangere, perché le lacrime concimano i pensieri e fanno nascere le idee. Ci si deve reinventare a volte, ed essere abbastanza arrivisti da trasformare ciò che ci angoscia in ispirazione, per creare e rinnovare. Versi di canzoni, aforismi contorti, frasi articolate… quante cose sono nate al volante della mia auto; pensare che non mi è nemmeno mai piaciuto particolarmente guidare.

Il tema del viaggio è meraviglioso. Puoi anche avere una meta fisica, ma la testa se ne va sempre in qualche altra direzione inaspettata. Se sai scegliere la musica giusta, puoi anche condizionarli, i pensieri. Apprezzi nuovamente la solitudine, che riprende a profumare di indipendenza.

La cosa più giusta da fare (o non fare) non è mai la più facile. Ma quello che è giusto per qualcuno, può non esserlo per qualcun altro. Dovremmo essere più presuntuosi, fare chiarezza e cercare di stare bene noi, perché poi chi ci ama -se ci ama- capisce. Ci sono strade, deviazioni, alternative, ma non c’è confronto che si possa procrastinare, perché poi sul tragitto -prima o poi- te lo ritrovi.

Prendo lo svincolo per Milano. Odio questo percorso: il navigatore dice che per arrivare a casa ci vogliono quaranta minuti, ma la strada è talmente brutta da farti raddoppiare la percezione del tempo. Disegno con la testa i profili di coloro che ho avuto al mio fianco: qualcuno che farà sempre parte di me, qualche comparsa lasciva svanita con la sera, o magari un paio di occhi buoni fuggiti via senza biasimo con l’arrivo di Maggio.

È sempre tempo di bilanci, e smontare le proprie convinzioni è dura. Arrivare a una verità richiede fatica. L’amore e i sentimenti in generale sono assoluti. L’amore è uno solo, così come la morte. Non ha importanza chi tu sia o come declini la tua vita, non ha importanza il modo in cui dimostri, non hanno importanza le parole che usi, non ha nemmeno così tanta importanza la strada che percorri.

Ci sono ragionamenti che richiedono la presenza indispensabile delle lacrime. Le lacrime sono prime donne, vogliono il loro spazio, non condividono la scena con nessuno, per questo non amano il giorno. A volte per sentirsi liberi (anche di essere liberi) bisogna scappare dai limiti, che sono sempre unicamente il risultato delle nostre spaventate sentenze.

Così, non rimane che la notte.

Emanciparsi non significa diventare un’altra persona ma migliorare sé stessi

A volte mi domando se non sia tutta colpa delle lacrime. Le lacrime scese per un amore passato, o le lacrime scese di nascosto dal mondo durante un momento di solitudine tutto sommato conquistato con troppa facilità. Le lacrime arrugginiscono gli occhi, e non ci permettono di guardare oltre. Restiamo accecati dalla delusione e dalla paura, restando fermi di fronte al mondo che continua a girare e a dare possibilità ad altri – ad altri che le sanno cogliere meglio di noi.

Ho sempre vissuto nel terrore del tempo: sfugge tra le dita, e c’è sempre un motivo valido per rimproverarsi di qualche cosa fatta, non fatta, fatta male, o fatta troppo tardi.

La ricerca dell’amore è un’abitudine, e in una città come Milano -dove tutti si sentono speciali e al centro di tutto- è difficile imparare ad amare qualcuno oltre sé stessi; spesso ci si lamenta per la mancanza di uomini o donne validi, ma poi non si fa nulla per diventare noi in primis una persona migliore.

A volte vorremmo che parte migliore di noi, fosse qualcun altro.