andreadevis

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Tag: incomunicabilità

Masturbazione cerebrale di gruppo in luoghi pubblici

Il vero piacere è quello che nasce dal cervello. Le persone godono quando a essere sollecitato è il loro desiderio. La mente è capace di generare il più magnifico degli orgasmi senza che il corpo prenda necessariamente la parte del protagonista indiscusso. Spesso, situazioni potenzialmente rischiose e improbabili, risvegliano il vero punto G radicato in ogni donna e in ogni uomo.

Oggi torno a indagare la razza umana attraverso l’analisi di un comportamento che ho di recente scoperto essere comune in numerosi bagni pubblici di altrettante numerose città europee. Non sono mai stato un bacchettone, eppure non ne sapevo quasi niente. A sfuggirmi, è la genesi del piacere.

Pare che in alcuni non-luoghi non meglio specificati, esista una lista -più o meno nota- di bagni pubblici (stazioni ferroviarie, fermate metro e simili) dove gli uomini possono ritrovarsi per condividere un momento di celebrativa masturbazione -singola- di gruppo. Finisci di lavorare, esci dalla palestra o sei in anticipo sulla tabella di marcia? Vai in bagno, scambi qualche occhiata di intesa, e ti pasticci con il tuo vicino di vespasiano. Non c’è contatto, non ci sono convenevoli, e la cosa non prosegue oltre in alcun modo (pare non succeda quasi mai).

Che tutto ciò sia una metafora del mondo moderno? Ci si relaziona in modo decontestualizzato e subdolo forse per prevenire gli effetti collaterali che il nostro cervello genera dopo episodi potenzialmente -sentimentalmente- dannosi? Si azzera l’aspettativa, ed è tutto desiderio. Che cosa spinge una persona a condividere qualcosa di così intimo (o forse, per nulla) con uno sconosciuto? Magari il branco, il narcisismo di chi “guarda ma senza toccare”, la celebrazione di qualcosa di estemporaneo nel quale non serve prendere posizione (in tutti i sensi), o magari il sapere che non servirà bofonchiare nemmeno mezza parola (che poi è un attimo che dici la cosa sbagliata).

In un ambito “sentimentale”, questo atteggiamento decontestualizzante, non è alla lunga distruttivo? Le persone sono incapaci di comunicare, o hanno semplicemente smesso di volerlo fare perché ormai non c’è più molto da dire (e nessuno cui dirlo)? Il confronto mancato di comune accordo può essere per qualcuno l’eccitante diversivo in un noioso pomeriggio di fine estate, ma continuo a credere che possa anche rappresentare il desiderio nascosto di condividere un poco di quello che si è -o che si ha- senza ulteriori preoccupazioni.

Bastasse una sega in compagnia per demonizzare anni di romanticismo, poesia, arte e sofferenza, forse saremmo tutti più sereni, ma certamente anche molto più ignoranti; e comunque, stazionando pur sempre in un cesso.

Ci piacciono le persone in auto perché ne vediamo solo un pezzo

Quante volte, sfrecciando sull’autostrada e volgendo lo sguardo alla nostra sinistra (o anche destra) ci è capitato di vedere alla guida di un’altra auto qualcuno di affascinante, intrigante e tremendamente sexy? Tante, tantissime volte. L’altro giorno, mentre percorrevo la A8, mi sono domandato se l’amore non funzioni proprio come con gli sguardi repentini oltre il finestrino.

Quando ci si innamora a vent’anni, non ci sono i mezzi per leggere veramente qualcuno fino in fondo; così si finisce per considerare il centro del nostro amore come il centro di ogni cosa, e quella persona diventa improvvisamente un’ambizione, un idolo invincibile e senza debolezze. È comprensibile e quasi accettabile che ciò accada. Quando cresci capisci che le persone -non ha importanza quale ruolo queste ricoprano nella tua vita, dai genitori, agli insegnanti fino ai partner- non sono invincibili e sono esattamente come te; sono persone. Questa preziosa chiave di volta apparentemente accessibile a chiunque, può farti capire che idolatrare qualcuno è inutile quanto controproducente. Solo imparando a considerare i limiti di qualcuno si può amare davvero, e forse, in maniera veramente “utile”, ammesso che questo termine in questo ambito sia concesso.

La paura per gli sconosciuti limiti dell’altra persona, è una di quelle cose che fanno diffidare dell’amore. C’è gente che sostiene di vivere benissimo senza la necessità di amare e sentirsi amata, imbrogliandoci tutti ma finendo poi in sentimentalismi improvvisi alimentando il leitmotiv “certe cose accadono quando meno te le aspetti”.

Io ne ho già scritto, e continuo ad essere stanco di aspettare che accadano le cose che accadono quando meno te le aspetti.

Al cuor non si domanda, però ogni tanto un paio di cose vorrei proprio chiedergliele. Non lo si conosce mai abbastanza, il cuore; io del mio ad esempio so che si contrae circa 72 volte in un minuto e che ha un blocco di branca sinistra: non so se funzioni come per gli emisferi del cervello -dove quello destro rappresenta indicativamente il “femminile” e quello sinistro il “maschile”- ma se così fosse, dovrei fare i conti con una parte organizzativa, maschile, pratica e razionale, totalmente inesistente, fottuta dal blocco permanente della branca.

Non ci avevo mai pensato.

Domani è un altro giorno ma dopo domani sarà un altro giorno come oggi

Questo posto è pregno di miei pensieri.
Vengo qui a scrivere quando -generalmente il pomeriggio- non ho altro da fare. Milano oggi è illuminata da un bel sole che non scalda, un sole che ti fa pensare all’eleganza della primavera. Intorno a me tante facce, ma neanche una che vedrei bene al mio stesso tavolo. È difficile, avere delle pretese, dei gusti, degli ideali. Nel mio caso, l’aspirazione alla perfezione mi stronca sempre; stronca tutte le facce alle quali provo ad affiancarmi. Forse sarà colpa di Venere in bilancia (così mi hanno detto) ma la questione resta sempre la solita: la perfezione non è universalmente riconosciuta, e ognuno di noi considera perfetta una combinazione di diversi elementi in proporzione variabile e a propria discrezione.

Mi guardo intorno, cerco, trovo un volto che mi piace. Mi concedo qualche secondo per perdermi in un paio d’occhi che non mi vedono, e che non rivedrò. Abbasso la testa.
Mi rimetto a scrivere e intanto ascolto le “è” troppo aperte del signore seduto con il figlio al tavolo a fianco. Incomunicabilità, incomprensione, timore, tentativo timido di emulazione, posticcia cortesia facente parte di un rapporto perso, o forse mai esistito. Le persone sbagliano, e la maggior parte delle volte -anche se non lo credono- sono loro a pagare il prezzo dei propri errori; non i figli, non le mogli, non le amanti, non gli amici. Loro. Loro scelgono le frustrazioni, gli intoppi e i successi. Loro, noi, io.

Non scarichiamo le responsabilità -per una vita che non gira- su altro o altri. Facciamola girare. Devo capire come fare. Finirò il mio pranzo e poi proverò a voltare l’angolo, provando a sorprendermi.
Domani sarà anche un altro giorno, ma essere immobili e attendisti non farà altro che catapultarci -dopo domani- in un altro giorno esattamente come questo.