andreadevis

singer / songwriter / vocalcoach

Tag: erotismo

Dagli orifizi agli orefici

Una volta fare del sesso al primo appuntamento era considerata una cosa sconveniente. C’era questa regola secondo la quale se ti interessava una persona, era meglio non andarci subito a letto. Per prudenza, per non dare un’idea sbagliata di te e delle tue intenzioni. La maggior parte delle volte la faccenda si risolveva probabilmente con una prevedibile, colossale, fregatura. Sì, perché se da una parte l’erotismo e la seduzione sono in buona percentuale fatti di attesa e fantasia, dall’altra, l’essere umano non può vivere di voli pindarici, e ha bisogno di certezze. Non esiste una reale connessione tra tempo, sesso e storie a lungo termine, ma chi desidera al proprio fianco una persona – e una soltanto – per buon senso, dovrebbe quanto prima accertarsi della qualità carnale della combinazione. Non per tutti ha la stessa importanza, no, certo.
Curiosa è sicuramente l’attitudine di alcuni che – innamoratissimi – dopo una tanto attesa notte di (auspicata ma non pervenuta) passione, si ritrovano nella merda, senza sapere bene come fare per archiviare il caso. Si può ritentare, ma qui non c’entra la bravura. Serve essere il giusto addendo in un’addizione dove il risultato non può essere un’incognita.

Lo definirei romanticismo postmoderno. Quella voglia di perderti negli occhi di chi hai di fronte, magari sfiorarsi quasi inavvertitamente per sentire l’elettricità che si genera. Silenzi concavi, vuoti come i nastri vergini su cui registravamo la musica, apparentemente sconnessa, ma che ancora oggi non comporremmo con un ordine diverso. E le mani, convesse, prominenti, sempre desiderose di afferrarsi, magari in un abbraccio o a testimonianza di una non-assenza.
Il silenzio, è erotismo. Lui e la sua mutevole natura, delicata, fragile. Da rompere con i sospiri, o magari da lasciare immacolato, o ancora da frantumare con parole inaspettate. E sono proprio le passioni consumate con inevitabile ingordigia, che tracciano i dettami di una nuova possibile relazione; con le schegge, i bordi taglienti e quella inconfutabile voglia di farlo di nuovo per vedere se ci si può avvicinare ancora di più.

Sentimentalmente impotenti (trascurabili mancanze)

È davvero necessario avere qualcosa in comune con chi ci piace, per poter avviare una nuova relazione? Forse è più sensato pensare che ad avere qualcosa in comune tra loro debbano essere le persone che ci piacciono. Se fossero invece le mancanze a fare la differenza? Inestirpabile, l’ostinazione di chi continua a cercare le persone giuste nei luoghi sbagliati (o nei corpi sbagliati). Proviamo a prendere le distanze dal passato, ma poi ricadiamo negli errori di sempre, provando ad affiancarci a un’altra persona – giusta e sbagliata – esattamente come quelle che ci sono state prima. Siamo la somma delle nostre esperienze, successi e fallimenti. Ci piacciono le persone con le quali soffriamo solo per avere qualcuno cui dare la colpa?

Ci ho provato, mille volte e più, a cambiare rotta, ad aggiustare il tiro, a ridimensionare le richieste, senza mai scendere veramente a compromessi; perché la felicità è una sola e non è negoziabile. Con certe persone si genera una strana energia. Frizzante, inebriante, al tempo stesso evanescente. Se ne diventa dipendenti. Si baratta la lucidità per l’emozione. Innovativo sport estremo – ma già démodé – e alla portata di tutti.

Perché sentiamo la necessità di trovare un colpevole contro cui accanirci quando si tratta di esaminare le nostre relazioni? Temiamo un rimprovero? Un monito per le inadempienze? Non ci perdoniamo mai nulla, ma spesso in amore – così come non esistono vincitori e perdenti – non esistono colpevoli contro cui scagliarsi. Si rimane soli, con il tempo a fare da giudice, così inefficacemente neutrale e così inavvertitamente spietato.

Ad accomunare le persone sbagliate – puntualmente fuori luogo – c’è il loro essere inappropriate, il loro essere sentimentalmente impotenti.

E ci siamo noi.

Lupi Solitari

Una fumante colata di asfalto nera come pece questa mattina ha finalmente ricoperto la strada. Ora che è buio, il cielo e la terra sembrano fondersi in un plumbeo continuum, tetro ma affascinante. Cammino solo, senza fantasmi e senza ombre. Milano è deserta e mi piace. Me la voglio godere ancora qualche giorno, per raccogliere i pensieri e scrivere. Prenderò poi l’auto, e senza un programma troppo preciso me ne andrò via per un po’; come i lupi solitari: figure appartenenti a una mitologia urbana dai contorni sfocati e seducenti.

È così diverso l’amore dei trent’anni. Cose che prima avresti considerato indispensabili non lo sono più, mentre altri dettagli diventano importanti più che mai. Ami senza paura di niente e di nessuno, senza aspettare risposte e senza fare domande. Ci sono pomeriggi impregnati di un indecente erotismo mai squallido, e la consapevolezza che se lo fossero stati, sarebbe stato senza dubbio più facile. Ma non resisti, e così continui a dare tutto, senza esitazioni o ripensamenti, in bilico sul ciglio dell’ignoto.

Sorridi di fronte a una generazione di quarantenni terrorizzata all’idea di qualcuno in grado di destabilizzare quel rassicurante misto di equilibrio, libertà, indipendenza, conquistato a fatica e che guai a chiamarlo rinuncia. Ti accontenti delle periferie delle relazioni – ma solo perché stai bene tu – conscio di saper negoziare un amore, quando sarà. E sarà con chi – guardando gelosamente oltre le proprie imprescindibili necessità – ti troverà speculare, capendo la tua necessità di camminare da solo, la notte, in una Milano deserta, senza più né fantasmi né ombre.

Pretendo tutto quello che vuoi darmi

È successo all’improvviso, come praticamente accade quasi sempre in questi casi. Stavo sistemando casa. Una razionale distribuzione di oggetti in spazi più o meno predefiniti, con qualche accenno di cambiamento ma senza sconvolgere gli ordini. Erano appesi lì, sul termosifone del bagno: due asciugamani perfettamente piegati e forse ancora probabilmente umidi. Due.

È stato faticoso imparare a destreggiarmi nella confusione degli stati d’animo. C’è voluto del tempo, ma poi alla fine il mio equilibrio l’ho trovato. Da solo. Senza né un uomo né una donna al mio fianco. Una maturità conquistata, e indubbiamente sofferta. Irrinunciabile.

Tante persone cercano di fuggire dalle sofferenze della solitudine rifugiandosi nella coppia; eppure spesso è proprio lì che si patiscono i supplizi peggiori. Nel conflitto tra quello che si vuole, quello che ci si aspetta e quello che si ha. Perché tutti si ostinano a considerare l’amore come una meta, e non come un meraviglioso mezzo per rendere felici le persone che si hanno a cuore? Dovremmo lasciarci vivere dagli eventi e smetterla di essere intransigenti. Dovremmo smettere di avere la presunzione di sapere come siamo davvero e cosa è meglio per noi.

È già notte, non cambierò le lenzuola. Non sposterò gli asciugamani. Metterò i pensieri sul davanzale. Non aspetterò il momento giusto per iniziare ad amare. Inizio da me.

Mi mancano le cose che non abbiamo mai avuto

Mentre passa un’altra mezzanotte, ripenso a come stavo quando ti avevo addosso. E mi lascio sfiorare dall’idea di condividere con te le parole che ti ho scritto. La tua assenza acuisce dettagli e citazioni che non credevo nemmeno di ricordare. Il Piccolo Principe, la luce verde del Grande Gatsby, l’ultima tazzina di caffè brasiliano che hai voluto fossi io a bere. Poi mi travolgono le tue parole sbagliate, le scuse, gli entusiasmi seguiti dalle giustificazioni che non chiedevo, e che non ti avrei mai chiesto. Così trattengo il fiato, le lacrime, le mani e tutto il resto.

Chissà se ricordi ancora il mio nome. Probabilmente sì, perché è come il tuo.

Mi mancano le cose che non abbiamo mai avuto.