andreadevis

singer / songwriter / vocalcoach

Tag: donne

Nodi

In quelle sporadiche notti svuotate di ogni rumore fino a diventare quasi fastidiose, mi sono ritrovato – altrettanto di rado – a riconsiderare la questione del tempo che ti cambia.

Sopravvalutato, e caricato all’inverosimile di responsabilità insostenibili, il tempo non cambia le cose, non ci trasforma, non rende la vita più facile. Fatalisti, affidiamo al suo scorrere questioni insolute, nella speranza che – mentre non le guardiamo – si dissipino, disperdendo anche il loro stesso ricordo. Ma si alimentano, ghiotte di un’energia strisciante, tipica di chi si lascia indurire dagli anni, mentre con le mani si copre gli occhi, per non vedere e per non guardarsi, al tempo stesso redattore e detrattore di una quotidianità perennemente in procinto di cambiare.

C’è chi non osa, a essere felice. Chi si sente costantemente in debito con il passato e chi teme di stravolgere una routine che – magari dopo la fine di una lunga relazione – è diventata rassicurante, nella sua tiepida prevedibilità. Inquietudine illegittima, intelligibile diffidenza. Il cuore ti si ferma – i pensieri no – lasciandoti in uno stato di torpore perenne.

Nel bondage esiste una tecnica chiamata hishi; una particolare sequenza di passaggi e nodi che immobilizza busto e braccia. Data la sua complessità, può essere eseguita solo da chi sa maneggiare la corda con estrema precisione. Con la sua corretta esecuzione si delineano lungo il corpo delle forme geometriche a rombo (da qui il nome: hishi, diamante). Quando penso alla vita di certe persone, la immagino come un enorme hishi. Intenzionalmente immobili, sfoggiano i nodi con vanto, porgendoti la frustrazione di una mano che mai cercherà la tua. Inerte.
Ci sono nodi, come lo zeppelin bend, che anche se vengono sottoposti a delle forti tensioni restano molto facili da sciogliere. Esistono nodi scorsoi in grado di stringersi in maniera progressiva fino all’asfissia, semplicemente scorrendo in proporzione alla tensione esercitata sulla corda.

Ma a rendere certe persone spaventosamente inaccessibili non è la complessità o la quantità dei loro intrecci. E nemmeno la meccanica dei loro legami. È la gelosia verso quei grovigli, il vero ostacolo. La paralisi dei sentimenti può essere considerata una conseguenza, ma rimane indiscutibilmente sempre una scelta. Ci sono uomini che non vogliono vedere sciolti i propri nodi, continuando ad avvinghiarsi semplicemente a loro stessi.

Sentimentalmente impotenti (trascurabili mancanze)

È davvero necessario avere qualcosa in comune con chi ci piace, per poter avviare una nuova relazione? Forse è più sensato pensare che ad avere qualcosa in comune tra loro debbano essere le persone che ci piacciono. Se fossero invece le mancanze a fare la differenza? Inestirpabile, l’ostinazione di chi continua a cercare le persone giuste nei luoghi sbagliati (o nei corpi sbagliati). Proviamo a prendere le distanze dal passato, ma poi ricadiamo negli errori di sempre, provando ad affiancarci a un’altra persona – giusta e sbagliata – esattamente come quelle che ci sono state prima. Siamo la somma delle nostre esperienze, successi e fallimenti. Ci piacciono le persone con le quali soffriamo solo per avere qualcuno cui dare la colpa?

Ci ho provato, mille volte e più, a cambiare rotta, ad aggiustare il tiro, a ridimensionare le richieste, senza mai scendere veramente a compromessi; perché la felicità è una sola e non è negoziabile. Con certe persone si genera una strana energia. Frizzante, inebriante, al tempo stesso evanescente. Se ne diventa dipendenti. Si baratta la lucidità per l’emozione. Innovativo sport estremo – ma già démodé – e alla portata di tutti.

Perché sentiamo la necessità di trovare un colpevole contro cui accanirci quando si tratta di esaminare le nostre relazioni? Temiamo un rimprovero? Un monito per le inadempienze? Non ci perdoniamo mai nulla, ma spesso in amore – così come non esistono vincitori e perdenti – non esistono colpevoli contro cui scagliarsi. Si rimane soli, con il tempo a fare da giudice, così inefficacemente neutrale e così inavvertitamente spietato.

Ad accomunare le persone sbagliate – puntualmente fuori luogo – c’è il loro essere inappropriate, il loro essere sentimentalmente impotenti.

E ci siamo noi.

Un ragazzo da sposare

Superata l’antipatica questione della cena fuori – cartina tornasole che misura l’intensità dei rapporti – mi è rimasta la curiosità di indagare un po’ più a fondo le mie discutibili frequentazioni. Mescolando sensibilità, perspicacia e un’innata attenzione ai dettagli, riesco a prevedere con precisione quasi scientifica le prossime catastrofiche mosse del mio interlocutore.

Un’intuito impossibile da mettere in pausa. Da romantico fuori epoca che sono, è un bel problema. Ormai mi è diventato difficile addirittura concedermi una fantasia. Ma lasciando per un attimo da parte le paranoie che popolano i miei giorni, non riesco a non pensare che – là fuori da qualche parte – ci sia ancora qualcuno in grado di sorprendermi e di sovvertire le mie convinzioni.

Mi disse: “Sei perfetto. Hai tutto. Sei un ragazzo da sposare”.

E non lo rividi mai più.

Sono stanco di pretendere poco dalle persone soltanto per paura di perderle

Quando ti rendi conto che la cosa più bella di certe persone è l’idea che hai di loro, è il momento di aprire gli occhi. Un letargo profondo, un’assenza da perenne sonno leggero, uno stato confusionale lontano dalla prontezza di riflessi necessaria per seguire lucidamente i movimenti dei cuori.

A volte non combaciano. L’idea che hai e quello che le persone sono. Mi sono ritrovato a correre, senza distinguere più il miraggio immaginato dalla realtà. Meriti qualcuno che corra verso di te, che ti desideri e che lo dica; senza mezzi termini o frasi ambigue da leggere al rovescio.

Poi però ci sono abbracci più indecenti di qualsiasi altra cosa. Manciate di secondi che, anche se già lontane, non riesci a dimenticare. Eppure era solo uno sguardo. Più punti in alto, più un’eventuale caduta potrebbe rivelarsi rovinosa. È il bello dei trent’anni: fatichi tanto per la serenità, e poi mandi tutto a puttane in un istante. Sconsiderato, scandaloso, decisamente senza senso. Non sai nemmeno se si chiami amore. Perché in fondo ne hai soltanto trenta.

Adesso Milano è avvolta da una strana pioggia, ed è tutto ovattato. Penso alle proposte nate sulla scia di un entusiasmo lontano, in giornate piovose come questa. I miei pensieri ritornano lì, e oscillano, come le promesse. Incompiute.

Puttane a metà

Si tratta di una sorta di limbo, un non luogo sospeso tra la voglia di esplorarsi in una vita diversa e la tacita serenità di un’esistenza che tutto sommato per qualcuno va bene così e non è neanche male. È quello il territorio delle puttane a metà: a metà perché non sempre sanno di esserlo – e se lo sanno – spesso non ne sono felici. Appartengono a un mondo ideale, fatto di parole sbagliate e fraintendimenti melensi, quasi mai casuali. Non è detto che vivano la clandestinità di un tradimento, o la violenza di quelle scopate che poi rimangono lì, appese a una fantasia fino a quando è troppo tardi per pentirsi o per capire che si tratta solo dell’ennesima prevedibile ricaduta.

Mentre camminavo per strada, mi sentivo svuotato di tutto. Con una sorta di immaginaria rivisitata stella di David appuntata sul cuore, a indicare l’appartenenza alla categoria. Mi sono sentito meno nudo altre volte, magari senza vestiti, magari con gli occhi di qualcuno dentro i miei e altrove.

Ho rovistato tra le parole abbandonate, ma non ho trovato nessun’altra definizione. Le puttane a metà vivono sulla scia di una noiosa giornata infrasettimanale, cuciono pezze e rammendano minuti preziosi. A loro non è concesso il lusso della pianificazione, sono sempre pronte e non lo sono mai. Militano tra i soliti abbracci che dicono troppo e quei baci affamati che confondono tutto.

Siamo kamikaze dell’amore, sostenitori di un romanticismo decaduto, masochisti ad ampio spettro.