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Sentimentalmente impotenti (trascurabili mancanze)

È davvero necessario avere qualcosa in comune con chi ci piace, per poter avviare una nuova relazione? Forse è più sensato pensare che ad avere qualcosa in comune tra loro debbano essere le persone che ci piacciono. Se fossero invece le mancanze a fare la differenza? Inestirpabile, l’ostinazione di chi continua a cercare le persone giuste nei luoghi sbagliati (o nei corpi sbagliati). Proviamo a prendere le distanze dal passato, ma poi ricadiamo negli errori di sempre, provando ad affiancarci a un’altra persona – giusta e sbagliata – esattamente come quelle che ci sono state prima. Siamo la somma delle nostre esperienze, successi e fallimenti. Ci piacciono le persone con le quali soffriamo solo per avere qualcuno cui dare la colpa?

Ci ho provato, mille volte e più, a cambiare rotta, ad aggiustare il tiro, a ridimensionare le richieste, senza mai scendere veramente a compromessi; perché la felicità è una sola e non è negoziabile. Con certe persone si genera una strana energia. Frizzante, inebriante, al tempo stesso evanescente. Se ne diventa dipendenti. Si baratta la lucidità per l’emozione. Innovativo sport estremo – ma già démodé – e alla portata di tutti.

Perché sentiamo la necessità di trovare un colpevole contro cui accanirci quando si tratta di esaminare le nostre relazioni? Temiamo un rimprovero? Un monito per le inadempienze? Non ci perdoniamo mai nulla, ma spesso in amore – così come non esistono vincitori e perdenti – non esistono colpevoli contro cui scagliarsi. Si rimane soli, con il tempo a fare da giudice, così inefficacemente neutrale e così inavvertitamente spietato.

Ad accomunare le persone sbagliate – puntualmente fuori luogo – c’è il loro essere inappropriate, il loro essere sentimentalmente impotenti.

E ci siamo noi.

Tre secondi

Ieri notte. Milano irriconoscibile. Poteva essere una qualsiasi altra città. Ho fatto su e giù per il viale almeno un paio di volte, prima di rendermi conto che lo stavo percorrendo nella direzione sbagliata. Il corpo mi spingeva altrove, lontano.

E poi l’ansia, la paura, le domande fatte senza sapere perché, i piedi che non trovano più il terreno, le mani che si riempiono e le teste che si svuotano. In ginocchio, entrambi, dopo sguardi repentini impossibili da domare, gli occhi sono caduti negli occhi. Per tre secondi, una possessione. Gassosa, evanescente, decisamente impalpabile. Felice, ne porto gelosamente addosso lo strascico.

Ho camminato fino alla mia auto. I ristoranti con le saracinesche abbassate ma con le luci ancora accese. La coppia davanti al portone. Il taxi fermo in mezzo al viale. La puttana in fondo alla strada, sorride da sola. Il cane senza guinzaglio. La stazione deserta.

Tre secondi, L’orgasmo del cuore.

 

L’uomo perfetto non è mai quello giusto

Un’irresistibile tentazione. Un diamante tutt’altro che grezzo da sfoggiare rigorosamente tra le quattro mura della camera da letto. Da ammirare senza vestiti, o con addosso solo una manciata di indicibili fantasie. Una trasgressione che se non fai attenzione può diventare normale da fare schifo. Perché poi ti abitui all’inconsueto, e prima che possa diventare ordinario – ammesso sia possibile – ne sei già dipendente. Ero così. E consapevole di tutto, ma assoggettato dalle parole.

Il perfetto connubio tra un maschile e un femminile che a quarant’anni in tanti come lui ancora non hanno saputo sintetizzare con un profilo preciso. Per mano, lungo il confine tra perdizione e privilegio. L’ho guardato portarsi via il riverbero di chi mi aveva fatto prostrare: lettere, canzoni, pensieri; tutto ammassato in un angolo della stanza. Lentamente sono sceso ai suoi piedi, senza lasciare che se ne accorgesse. Per sfogare i miei abbracci ho accumulato al centro del letto l’ingordigia e la lussuria: pretesti consunti e quasi grotteschi. Quando la luce di un pomeriggio qualsiasi di luglio ha illuminato i bordi delle cose, abbiamo chiuso gli occhi. Io ho finto di essere ancora in tempo per salvarmi dall’illusione.

Ho sceso le scale. Svuotato, umido. Ancora troppo concitato per lasciare cadere un paio di lacrime: in mezzo agli sguardi degli sconosciuti, per strada, mi avrebbero fatto sentire umano.

Abbiamo entrambi le risposte alle domande che non ci facciamo.

Pretendo tutto quello che vuoi darmi

È successo all’improvviso, come praticamente accade quasi sempre in questi casi. Stavo sistemando casa. Una razionale distribuzione di oggetti in spazi più o meno predefiniti, con qualche accenno di cambiamento ma senza sconvolgere gli ordini. Erano appesi lì, sul termosifone del bagno: due asciugamani perfettamente piegati e forse ancora probabilmente umidi. Due.

È stato faticoso imparare a destreggiarmi nella confusione degli stati d’animo. C’è voluto del tempo, ma poi alla fine il mio equilibrio l’ho trovato. Da solo. Senza né un uomo né una donna al mio fianco. Una maturità conquistata, e indubbiamente sofferta. Irrinunciabile.

Tante persone cercano di fuggire dalle sofferenze della solitudine rifugiandosi nella coppia; eppure spesso è proprio lì che si patiscono i supplizi peggiori. Nel conflitto tra quello che si vuole, quello che ci si aspetta e quello che si ha. Perché tutti si ostinano a considerare l’amore come una meta, e non come un meraviglioso mezzo per rendere felici le persone che si hanno a cuore? Dovremmo lasciarci vivere dagli eventi e smetterla di essere intransigenti. Dovremmo smettere di avere la presunzione di sapere come siamo davvero e cosa è meglio per noi.

È già notte, non cambierò le lenzuola. Non sposterò gli asciugamani. Metterò i pensieri sul davanzale. Non aspetterò il momento giusto per iniziare ad amare. Inizio da me.

Oltre, cosa c’è?

Questa mattina mi sono svegliato e guardando fuori dalla finestra ho ritrovato Milano nuovamente grigia, accarezzata da quella specie di pioggia che non senti ma ti bagna. Ho preso una manciata di ore per sistemare uno scritto, ascoltare un po’ di musica e farmi un bagno bollente.

Ho una voglia implacabile di andarmene. Per una settimana, un mese, forse per sempre. Io, che sono sempre stato così terreno e legato alla quotidianità. Poi penso ai problemi – parte imprescindibile della personalità – fedelissimi, pronti a seguirmi ovunque. Ma la mia non è voglia di fuggire. Ho conosciuto l’amore – sono un consapevole privilegiato – di quelli resistenti e infiniti, ma anche mutevoli e poi ammansiti. Sono stanco e non abbastanza: i miei trent’anni mi spingono a volerne ancora. Come uno schiaffo la solita domanda mi cade addosso, e le mani convulse spurgano attraverso la scrittura frasi che tenute dentro portano nausea. Quanti amori ci sono concessi nella vita?

Ho collezionato un’amore totale che ha prosciugato tutto di me e si è trasformato in una tacita e costante presenza. Sono poi anche scivolato in una pozzanghera dove si rifletteva il volto di qualcuno: ho creduto di toccarlo, ma avevo soltanto le mani nel fango.

Oltre, cosa c’è?