Basta
Alle 20:30, quello che qualche ora prima era iniziato come un pranzo, si era quasi ufficialmente trasformato in una cena. La sala non iniziava minimamente a svuotarsi, ma poco prima che arrivassero i conoscenti invitati per il dolce, c’è stato un momento in cui mi è sembrato di poter cogliere senza fatica le espressioni sui visi di tutti gli ospiti. È stato lì che una vena di malinconia mi ha colto. Un matrimonio dovrebbe essere un momento di festa per tutti. Eppure tra la torta ricoperta di panna montata, i tovaglioli lasciati stropicciati sulle tovaglie macchiate e i calici mezzi vuoti di cui nessuno si sentiva più proprietario, ho sentito il peso delle questioni che per qualche momento avevo creduto di poter lasciare fuori dalla mia vita, oggi.
Ieri, nel suo letto. Mi sono lasciato tentare, mi sono lasciato condurre nel territorio delle ferite che si aprono in silenzio. Non ho fatto rumore, ma ogni bacio mi ha fatto male. Nella mia saliva, impastati, il desiderio di proteggermi e quello di aprire il cuore del tutto, per un’ultima straziante, inconsapevole e liberatoria pugnalata. Un’estrema unzione che ti solleva dal dolore che ti sei prescritto. Ha aperto la bocca e ho sentito entrarmi dentro la consapevolezza di chi – anche se ti tiene nel suo letto – non ha mai pensato di farti entrare nella sua vita. La repulsione, direttamente giù in gola. E io, incapace di dire basta.
Mentre i corpi si agitavano coinvolgendosi a vicenda in un altrove fatto di bassa virilità, mi sono sentito impotente, umiliato. Furioso.
Portami al limite, lasciati odiare. Guariscimi.