andreadevis

singer / songwriter / vocalcoach

Tag: devis

Nella Stanza

Oggi è uscito il mio primo album, dal titolo “Nella Stanza”.
Lo potete trovare più o meno ovunque!

nellastanza.jpg

iTunes https://itunes.apple.com/it/album/nella-stanza/1386081454

Amazon https://www.amazon.it/Nella-stanza-Andrea-Devis/dp/B07D46Z39T/ref=sr_1_1?s=dmusic&ie=UTF8&qid=1529079278&sr=1-1-mp3-albums-bar-strip-0&keywords=andrea+devis

Google Play https://play.google.com/store/music/album/Andrea_Devis_Nella_stanza?id=Bh23cdbuv5xnwk6bxt7ld3xtj2q

Spotify https://open.spotify.com/album/1N6UvBCIPxBV4vucKZ5ltl

E inoltre, trovate una bella intervista qui: http://www.mydreams.it/nella-stanza-segna-lesordio-del-cantautore-andrea-devis/

Grazie di cuore, a tutti quelli che vorranno sostenere la mia musica: significa tanto per me!

Di seguito, riporto il comunicato stampa:

Nella Stanza” – l’album di esordio del cantautore milanese Andrea Devis – è un disco che sfugge alle definizioni di genere. Per quanto il pop risulti predominante, infatti, gli elementi di musica elettronica, e talvolta addirittura gospel e soul, non mancano. Una vocalità sempre in primo piano ma al servizio delle parole, che raccontano per lo più di relazioni rimaste in sospeso.

Totalmente autoprodotto, “Nella Stanza” sarà disponibile in tutti i webstore dal 15 giugno.

Il brano d’apertura è proprio il singolo d’esordio dell’artista, “Dopo Di Te”, ricco di suoni dance ma allo stesso tempo con contenuti tutt’altro che spensierati.

Grazie a questa canzone Andrea Devis è stato premiato nell’ambito della manifestazione Area Sanremo come uno dei migliori artisti emergenti italiani. Non si tratta però dell’unico brano che ha già ricevuto un merito: “Zucchero di Canna Nel Caffè (Soli A Metà)”, dal sapore malinconico e nostalgico, ha ricevuto durante il Salone del Libro di Torino 2017 una menzione speciale per il suo testo (Premio InediTO Colline di Torino). E infine “Ci Si Innamora Delle Persone Sbagliate”, nato dall’esperimento dell’autore, che a partire da un suo aforisma – molto rilanciato sul web – è poi diventato una canzone parte della tracklist.

All’interno dell’album è possibile trovare inoltre ritmi estremamente variegati tra loro: si passa da esperimenti più pop (“La Risposta”) ad arrangiamenti electro funk (“Non Aver Paura Di Me”) fino ad arrivare ad atmosfere tendenzialmente più acustiche (“Almeno Tu (Stanotte)”).

Gli anni 80 e le sfumature glam rock (“Posso Fare A Meno Di Te” – “Pezzi Di Cuore Tra i Cuscini Del Divano”) si alternano a brani dal retrogusto R&B anni 90 (“Le Parole Allontanate”, “Nella Stanza”).

Nel disco d’esordio di Andrea Devis c’è infine spazio anche per testi completamente in inglese come “Hate To Say I Need Your Love”, “Love Is All” (cover del pianista e compositore greco Yanni) e “This Day”, brano di chiusura e classico del re del gospel Edwin Hawkins, riportato in questo caso in versione acustica, con l’accompagnamento della sola chitarra e del coro Gospel ConFusion Vocal Ensemble.

Il disco è stato interamente scritto da Andrea Devis insieme a Edoardo Morelli, che ha arrangiato, prodotto e mixato tutti i tredici brani che lo compongono. “Nella Stanza” è stato masterizzato ai Massive Arts Studios di Milano da Alberto Cutolo (Mina, Franco Battiato, Pino Daniele…).

 

Noccioli di ciliegie e tazze sporche

La luce fioca del mattino, il tuo volto adagiato sul cuscino. I piedi che si sfiorano. Un bacio sulle palpebre per strapparti alla notte. Come sono i suoi baci quando sta per iniziare un altro giorno? Sanno ancora toccarti? Ho preparato i waffle: sento l’odore del burro e quello della vaniglia mescolarsi. Ci sono le ciliegie. Stai bene qui? Forse vuoi tornare alla vita che tutti credono appartenerti. Mi farò bastare i noccioli sul tavolo e le tazze sporche. Non so se ti senta di più negli spazi che riempi o nei tanti vuoti che lasci quando te ne vai.

È un amore totale quello che vi lega? O si tratta semplicemente della rassicurante quotidianità di cui credete di aver bisogno? È un’esistenza fatta di macerie: detriti di un sentimento passato, conservati come fossero un feticcio, sul comodino. Lo immagino castano; intelligente ma non perspicace. Mediocre. O forse bellissimo, ma più facile. Gli fai quello che fai a me? O lo rispetti troppo? Non smettere mai.

Ho sfiorato la follia. Sarebbe stato sconsiderato mostrarmi debole. Ho i polsi lividi, ma non ho mai provato a slegarmi dai tuoi nodi. Il nostro amore mi ha umiliato. Lui ti accarezza – ogni notte – prima di addormentarsi? Io ti proteggerei dal mondo e dall’ignoranza; anche se sei il doppio di me, anche se sembri non aver paura di niente. Hai paura solo di noi, e delle domande che non ti faccio, ma che trovi quando non resisti e mi guardi dentro.

Vorrei chiederti dove si trova il confine tra la nostra verità e il mondo. Vorrei imparare a distinguere la nostra verità dal mondo. Sul tavolo, noccioli di ciliegie e tazze sporche.

Ogni lasciata è tersa

Dovrebbe essere tutto chiaro, limpido e puntualmente scomponibile e ricomponibile senza troppo talento analitico. Dovremmo essere in grado di vedere le cose con lucidità, a distanza di tempo. Eppure quando c’è di mezzo una separazione, finiamo sempre e comunque quasi tutti nella merda. Quella dei pensieri, solitamente, nella quale abbiamo ormai preso l’abitudine a sguazzare.
Che cosa ci può rendere più forti? Il tempo rende più chiare le cose, o è soltanto un nemico dei ricordi sereni? Ad avere la meglio sui nostri pensieri, è quello che ci ha fatto male, o è quello che ha reso una storia d’amore degna di questa specifica?

Dopo una guerra, fisica o psicologica, la città diventa un campo di battaglia: con le sue strade, i suoi luoghi, e talvolta addirittura con le sue luci e i suoi odori, è impossibile non inciampare nel ricordo di chi eravamo. È impossibile dimenticare quello che abbiamo perso e quello che abbiamo guadagnato. La memoria non va cancellata e non va relativizzata, la memoria va custodita e integrata.

Abbiamo sete di nuovi ricordi, ma erroneamente crediamo che la sofferenza sia l’unico metro di misura per l’amore.
Avrei dovuto fare più attenzione quando a scuola mi spiegarono le equivalenze.

Ci piacciono le persone che non conosciamo perché se le conoscessimo non ci piacerebbero più

Resti così, con l’amaro in bocca, perché anche se sono passati mesi e mesi, ci pensi ancora. Non sempre, non con continuità, ma avverti comunque l’insinuarsi del fatidico “chissà come sarebbe stato se”. Sarebbe stato uno schifo e lo sai; perché non la conoscevi, quella persona. È quello che non vediamo, che ci frega, e che -alimentando un innato animo da sognatore celato da qualche parte- ci fa sperare che il lato buio di una persona sia la cosa migliore che ha, e che per qualche strano motivo ancora non ci ha voluto mostrare.

Trovi una persona che ti piace -tanto- ma della quale sai poco, pochissimo. Anziché cedere a un lecito scetticismo, cedi -sopravvalutandoti- a quello che credi essere un quasi paranormale intuito, ma che invece sarebbe più corretto definire semplice mancanza di razionalità. Si tende a credere che tutto sia perfetto, ineccepibile, su misura per noi – ma solo perché non lo vediamo.
Se quindi tendiamo a idealizzare chi conosciamo poco, cosa succede se il rapporto andando avanti ci svela caratteristiche che mai avremmo contemplato nella nostra visione perfetta dell’altro? Meglio dunque una troncatura sul nascere che alimenta sognanti ma erronei “chissà come sarebbe stato se” oppure una sberla di razionalità a(i) posteriori?

1) Meno pausa per tutti

Succede quando mi fermo a pensare. Penso e non dovrei. Dovrei fare, fare e ancora fare, senza pensare.

Potrei studiare la strada, aggiustare la traiettoria e poi andare dritto fino alla meta senza distrazioni. Potrei e dovrei; però poi mi fermo per una pausa e fa solo male. Fa male alla testa restare fermi -fosse anche solo per un minuto- in mezzo a persone che corrono senza vederti e senza vedersi.

Resto lì e comincio a guardare, ma non dovrei, perché fa solo male e io lo so.