andreadevis

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Tag: avere paura

La morbosa curiosità di chi vuole sapere dove infili il tuo pisello (o eventualmente quello di qualcun altro)

Sono sul punto di non ritorno. Lì, al confine tra un vaffanculo che nasce spontaneo come margheritine sul prato e quella voglia inalienabile di ridere fino a trasformare l’incompatibilità e il tempismo sbagliato in pura, grottesca, comicità.

Il post sui 21 appuntamenti ha riscosso un certo successo: un po’ perché tante persone si sono riconosciute nel profilo del disperato che -con fare quasi nevrotico- è uscito ventuno volte in dieci mesi nel tentativo (tutto sommato compassionevole) di trovare una persona non sbagliata, e un po’ perché è sempre bello sbirciare nelle vite degli altri. Sul serio: gli amici mi chiedono “stai bene?” e io non so cosa rispondere. Dipende dai giorni, dalle ore del giorno, dalla musica che ascolto e dal luogo in cui mi trovo. Il mio umore non è costante. Sono come tutti, credo: subordinato alle variabili della vita.

Discutibile invece la curiosità morbosa di chi vuole sapere a tutti i costi -magari tramite domande trabocchetto- dove infili il tuo pisello o dove eventualmente infili il pisello di qualcun altro.

Di sesso scrivo e scriverò sempre, è una cosa bella. Qui il discorso però è un altro. Per me non esiste una classificazione sessuale: esistono le persone (giuste e sbagliate) ed esiste l’amore che le lega (sempre giusto, senza eccezioni). Io, che ci ho praticamente costruito una carriera sulla faccenda che ci si innamora delle persone sbagliate perché quelle giuste sono già impegnate con le altre persone sbagliate, nella vita mi sono innamorato solo una volta, di un uomo. Poi ho avuto anche numerose sperimentazioni più o meno varie e dal finale nefasto, ma sempre prodromiche alla ricerca dell’autenticità del sentimento.

Ci sono persone belle e affascinanti, indipendentemente da quello che hanno tra le gambe. Poi ci possiamo fare amicizia, ci possiamo scopare, ce ne possiamo innamorare o possiamo semplicemente allontanarcene perché ci mettono davanti a cose che non vogliamo vedere.

Sono certo che le persone capaci di abbracciare con gli occhi esistano, non sono frutto della mia fantasia; dobbiamo solo imparare a vederle. E a farci vedere.

Sesso con-cesso

Avete presente quando dicevo che l’aspetto fisico non conta, che la bellezza è relativa e che l’apparenza dovrebbe essere l’ultima delle preoccupazioni quando si parla di relazioni?

Mentivo.

È capitato a tutti di fare del sesso grandioso con persone che non presenteremmo mai agli amici, o peggio: con le quali non ci faremmo nemmeno vedere in giro. Qui però non si parla né di amore né della capacità di riuscire ad andare oltre la fisicità. Il problema è sempre quello: il giudizio degli altri. Siamo veramente disposti a lasciare che condizioni la nostra vita (sessuale e non solo)? Siamo schiavi dell’apparire, con la bramosia di sembrare quello che non siamo: ovvero semplicemente felici. Questo faticoso lavoro ci toglie l’energia per guardare gli altri con obiettività; se riuscissimo ad andare oltre quella stessa apparenza che inseguiamo, ci renderemmo conto che la gente dissimula, e che la loro felicità è spesso il solo riflesso delle nostre insicurezze.

C’è anche un’altra strana legge che governa le relazioni, da temere in considerazione (il refuso è voluto). Se una bella donna esce con un uomo non esattamente bellissimo, gli altri non pensano che in quella donna ci sia qualcosa che non vada, ma sono portati a pensare che lui abbia qualcosa di speciale (rendendolo così più attraente di quanto non sia e facendolo salire di posizione nella classifica degli uomini papabili); potrebbe essere un amante mozzafiato travestito da sfigato, o un importante personaggio di spicco della finanza internazionale (onestamente, che ne sappiamo noi della finanza internazionale e di chi siano i suoi protagonisti?) o potrebbe essere semplicemente molto ricco. Riflettendoci meglio, la gente potrebbe anche pensare che lei sia una puttana e basta.

Si tratta di ansia sociale, di stress da comunicazione collettiva. Siamo bombardati da continue richieste di condivisione; tutti si sentono in dovere di dire quello che passa loro nella mente, di condividere fotografie inutili, e di raccontare dove si trovano e cosa stanno facendo. Ormai addirittura i pensieri sono sottoposti al giudizio della collettività. Il vero status symbol, è diventato non avere un cazzo da dire e riuscire pure a farlo bene.

Ci sono in giro troppi uomini senza coglioni e troppi coglioni senza uomini

Troppa confusione, troppo caos, e una società che ci fa affogare in definizioni farraginose e approssimative partorite da qualcuno con l’anacronistica pretesa di sentirsi moderno.

Cosa significa essere “uomini” oggi? Accantoniamo il cameratismo, la virilità, e il sorpassato concetto del “non chiedere mai”. Domandiamoci -con sincerità- se essere maschi non significhi semplicemente vivere quello che la vita -talvolta inaspettatamente- ci dona, senza le barriere posticce di una moralità improvvisata. Uomo è chi non si lascia spaventare da un’attrazione che non si consuma, chi vive il presente con coraggio, pronto a lasciarsi destabilizzare, per poter andare nuovamente alla ricerca di una nuova e più autentica centralità.

Una volta al concetto di “maschio” era associato anche quello di “capo famiglia”; oggi gli pseudo maschi che popolano le città hanno un’idea molto precisa di cosa significhi essere “capo” ma al tempo stesso hanno scisso e rivisitato il concetto di “famiglia”: nulla ha più a che vedere con la responsabilità, l’impegno o la condivisione.

Le relazioni che intrecciano i maschi -con le donne o tra di loro- sono sempre e comunque relazioni pregne di una forte cerebralità. Se fino a ieri erano le donne a detenere il primato per la complessità emotiva e psicologica in fatto di sentimenti, oggi troviamo maschi spaventati e titubanti pronti a dividere il titolo, non fosse altro che per sentirsi alla pari. Altro tema importante, quello della parità: terrorizzati dal confronto e dal (in principio sano) desiderio di amare, gli uomini moderni virano verso la soluzione più banale, pur di non ribaltare convinzioni nelle quali anche loro sanno di non credere oramai più di tanto.

Mi ero ripromesso di scrivere provando a capire chi fossero gli “uomini con i coglioni” ma a quanto pare sono finito a raccontare di gente spaventata e con il terrore del cambiamento (in meglio o in peggio non fa differenza, quello è un dettaglio che a volte nemmeno viene preso in considerazione).

È tutto molto divertente, perché queste parole le ho scritte io, che sono un uomo. Bisognerebbe guardarsi allo specchio più spesso, superando l’apparenza, e scavando a fondo, fino a trovare la paura; prenderla e trasformarla nel desiderio di andare oltre il confine che separa l’essere sé stessi dall’omologazione e dalla banale -e tutto sommato inutile- definizione di “uomo”.