andreadevis

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Tag: apparenza

Sesso con-cesso

Avete presente quando dicevo che l’aspetto fisico non conta, che la bellezza è relativa e che l’apparenza dovrebbe essere l’ultima delle preoccupazioni quando si parla di relazioni?

Mentivo.

È capitato a tutti di fare del sesso grandioso con persone che non presenteremmo mai agli amici, o peggio: con le quali non ci faremmo nemmeno vedere in giro. Qui però non si parla né di amore né della capacità di riuscire ad andare oltre la fisicità. Il problema è sempre quello: il giudizio degli altri. Siamo veramente disposti a lasciare che condizioni la nostra vita (sessuale e non solo)? Siamo schiavi dell’apparire, con la bramosia di sembrare quello che non siamo: ovvero semplicemente felici. Questo faticoso lavoro ci toglie l’energia per guardare gli altri con obiettività; se riuscissimo ad andare oltre quella stessa apparenza che inseguiamo, ci renderemmo conto che la gente dissimula, e che la loro felicità è spesso il solo riflesso delle nostre insicurezze.

C’è anche un’altra strana legge che governa le relazioni, da temere in considerazione (il refuso è voluto). Se una bella donna esce con un uomo non esattamente bellissimo, gli altri non pensano che in quella donna ci sia qualcosa che non vada, ma sono portati a pensare che lui abbia qualcosa di speciale (rendendolo così più attraente di quanto non sia e facendolo salire di posizione nella classifica degli uomini papabili); potrebbe essere un amante mozzafiato travestito da sfigato, o un importante personaggio di spicco della finanza internazionale (onestamente, che ne sappiamo noi della finanza internazionale e di chi siano i suoi protagonisti?) o potrebbe essere semplicemente molto ricco. Riflettendoci meglio, la gente potrebbe anche pensare che lei sia una puttana e basta.

Si tratta di ansia sociale, di stress da comunicazione collettiva. Siamo bombardati da continue richieste di condivisione; tutti si sentono in dovere di dire quello che passa loro nella mente, di condividere fotografie inutili, e di raccontare dove si trovano e cosa stanno facendo. Ormai addirittura i pensieri sono sottoposti al giudizio della collettività. Il vero status symbol, è diventato non avere un cazzo da dire e riuscire pure a farlo bene.

…e non erano i succhi gastrici.

E’ incredibile come ogni cosa parli di noi. Le nostre mani, gli occhi, le frasi che pronunciamo. Si attraversano fasi per approdare poi al molo di qualche nuova istrionica conquista personale, dimenticando lentamente -ma non involontariamente- la strada seguita.

Non che si debba tornare indietro -per carità- però sarebbe bene -non tanto per l’autocompiacimento quanto piuttosto per un’obbiettiva analisi degli sviluppi- considerare sempre (anche) il punto di partenza e le alternative messe in ombra.

Capita che il giudizio degli altri sia unanime, che l’impressione che dai di te sia sempre estremamente coerente e stabile; ti accorgi che tutti ti vedono in un certo modo e inizi allora a pensare di essere quella persona. Sei felice e sorpreso perché “quella persona” che loro vedono somiglia stupefacentemente all’idea che ti eri fatto di te stesso. Allora sorridi, perché forse -nonostante tutto sembri immobile- dentro di te qualcosa invece si è mosso e si sta muovendo.

…e non erano i succhi gastrici.