L’amore, che paura
di Andrea Devis
Non ti innamorare. Debuttano così. In frangenti notturni fatti di sesso tenuto a debita distanza da tutto. Affettività stitiche e conformità statiche. Non sono fatti per i legami, dicono. Come premessa, prima di impugnare la bandiera delle promesse pronunciate in un altrove che è ovunque, e che non ci apparterrà mai.
Stanotte ascolto Teena Marie.
Penso a chi ti spiazza, ti spezza e poi ti spazza via. Alla pigrizia di chi non ama, all’ingenuità di chi si crede dunque più forte, a quella compassionevole cecità che non riesco a non condannare lo stesso.
L’infatuazione non sempre si trasforma in qualcosa d’altro, e svaniscono volti, anche se con accanimento ci prodighiamo nell’alimentare binomi umani incapaci di sopravvivere fuori dal microclima di una serra, dove il concime è fatto di ormoni e silenzi.
Desideri impavidi, quelli di chi prova a soddisfare una necessità che l’altro non ha. Vorremmo spostare le cose – le persone – ma alla fine le allontaniamo e basta.
Ciao Andrea…
È da un po’ che non commento (né altro…), ma questo tuo nuovo articolo – inevitabilmente! – mi stimola in modo particolare…!
A differenza del mio solito cercherò di essere piuttosto breve.
Quel “Non ti innamorare” (anche se verosimilmente più onesto!) sono spiacente di conoscerlo, per cui capisco piuttosto bene ciò che descrivi…!
Certi meccanismi, che come sempre dipingi con sfumature così accurate, sono piuttosto… tristi: come gabbiani dalle ali spezzate, troppa gente non vede la bellezza delle cose, si fa vincere dalla paura e scappa dalla propria felicità, annega nei vortici di quelle che ben definisci come “affettività stitiche” e ancor meglio “conformità statiche”…! Rinunciando così alla Vita.
Ma è giusto essere sempre sé stessi, e mai stancarsi di offrire la luce che si ha dentro: non è detto che le persone siano tutte uguali (basta saper osservare e selezionare con adeguata acutezza), e gli eventi potrebbero non sempre concatenarsi in maniera così fatalmente fallimentare!
Forse spezzare qualche cliché aiuterebbe in maniera significativa…
Purtroppo non è così semplice: anche perché amore non è sinonimo di vita, e ognuno di noi declina il proprio “sentimentalismo” in modo differente. Bastasse rompere un cliché, o aprire gli occhi… invece ci ritroviamo a fare i conti con alfabeti apparentemente simili, ma profondamente diversi. Cercando un punto di incontro – un ambizioso esperanto – consapevoli che anche un’accurata traduzione simultanea potrebbe solo rendere le incongruenze ancor più lampanti…
Già, hai ragione: è un argomento per niente semplice…
Ma non intendevo certo banalizzare: solamente l’esigenza di sintesi impone una nettezza che a volte risulta inevitabilmente un po’ assoluta o – peggio – semplicistica.
Devo anche premettere doverosamente che il mio discorso non aveva alcun riferimento concreto ma era una riflessione molto generale; come pure che – come giustamente si desume dai tuoi commenti (a me e a LaLetteraVi) – evidentemente non è facile trovare persone con cui parlare la stessa lingua, anche perché poi in ogni caso deve scattare quella parte imponderabile di coinvolgimento che non sempre si invera anche quando le premesse sembrano favorevoli e i vocabolari compatibili.
Resto tuttavia convinto che – seppure amore non sia sinonimo di vita – le “affettività stitiche e conformità statiche” non aiutino certo a vivere appieno: non riesco a non vederle come fughe e difese maldestre (che diventano perciò prigioni) di chi ha inconsciamente paura di vivere.
E anche – permettimelo – il riscontrare una certa qual ricorrenza di temi e di situazioni descritte nei tuoi post più recenti o più lontani nel tempo (sostanzialmente analoghe, pur se declinate con dettagli diversi, e sempre dipinte con magistrale eleganza) mi induce a riflettere sul fatto che se continuiamo a addizionare gli stessi addendi, la somma risultante non può cambiare… In tal senso mi sento di ribadire la convinzione che forse spezzare qualche cliché potrebbe aiutare in maniera significativa a modificare gli esiti… (sempre che invece tali esiti non siano diventati una “conditio” di comodo per giustificare scelte parzialmente autolesionistiche).
Riflessioni simili a quelle che sto facendo spesso di recente. Il risultato su di me è che riesco sempre meno a innamorarmi, per paura di farmi male con persone che non sono fatte per i legami. E mi interrogo se non sto diventando io stessa una che non è fatta per i legami.
Certo che non lo sei. Nessuno di noi è fatto per i legami. Ma i legami sono tanti quanti le persone che possono stringerli, dunque… l’assolutismo è bandito.
Io so che lì fuori è pieno di personaggi poco raccomandabili che ti fanno perdere la testa, e anche di uomini assolutamente affidabili e amorevoli che invece per chissà quale ragione, non ti conquistano.
Ma non bisogna stancarsi di cercare: i legami sono tanti quanti le persone che possono stringerli, giusto?
Quindi, abbiamo margine!
🙂