Migliorare non sempre significa cambiare
di Andrea Devis
Avevo un professore, alle scuole medie, insegnava educazione artistica. Era un uomo severo, con lo sguardo intransigente e le dita piene di anelli. Un pomeriggio mi interrogò in storia dell’arte. Quei piccoli bastardi dei miei compagni erano seduti dietro i loro banchi, distratti e impegnati a lagnarsi fastidiosamente. Mentre conquistavo con fatica un voto né troppo alto ma certamente nemmeno troppo basso, per un attimo, vidi qualcosa dietro i suoi occhi. Era qualcosa che gli altri non percepivano, e che per qualche strana ragione solo io – solo in quel momento – riuscivo a cogliere. Oltre l’austerità, oltre l’ostinazione. Quello fu il giorno in cui smisi di considerare la sensibilità un difetto, e iniziai a diventare grande. Lui è morto a circa sessant’anni, con i suoi sguardi severi e le dita piene di anelli. Solo e frocio.
La memoria segue percorsi tutti suoi, e traccia strane geometrie. Sceglie cosa conservare e cosa rimuovere. Spesso ci sorprende, lasciando riaffiorare dettagli che pensavamo dimenticati e privi di significato. Impariamo a rileggere momenti accantonati, cogliendo sintassi e melodie inedite che raccontano di noi.
La sensibilità è la sostanza che condiziona il pensiero e definisce le azioni. Un sacco di gente ragiona con gli emisferi sbagliati, parla con gli orifizi scorretti e argina quel poco di sensibilità – data in dotazione con il resto del cervello – considerandola mera debolezza. Ma se le relazioni sono il frutto dei nostri sconsiderati comportamenti – e al tempo stesso il territorio nel quale riveliamo tutto di noi senza possibilità di appello – che senso ha cercare di nascondere (quelle che noi consideriamo) debolezze e nervi scoperti?
Diventare persone migliori non significa necessariamente cambiare.
Eccomi qui…. mai come oggi questo articolo mi fa piangere. Vorrei commentare ma bastano le mie lacrime e grazie Tesoro
ho pianto un poco anche io. e non so se la sensibilità è un difetto, forse averne troppa lo è. parlo per me, che vengo toccata troppo dalle cose e mi ci faccio inchiodare da questa sensibilità.
E’ curioso, a me è successa una cosa simile. Durante una interrogazione di fisica col temutissimo prof. PROF (meglio non scrivere il suo nome, so che è defunto ma mi terrorizza ancora) incrociai il suo sguardo. Inizialmente freddo e buio come quello di un rottweiler, ma fissandolo quanto basta per non sembrare sfidante, vidi che non erano gli occhi di chi voleva silurarmi ma erano quelli di un uomo con la passione per la fisica e l’insegnamento. D quel momento tutto cambiò: non ero più un ragazzino che doveva difendersi ma uno studente che voleva incrociare quello sguardo perché era una ricarica naturale, un modo per auto-motivarsi. Era come se avessi da quel momento trasformato il prof da carnefice a vittima: un incompreso, un professionista, un passionale. Da quel momento la “passione per qualcosa” divenne la cosa più bella da poter vivere e per la quale dover soffrire. Da li a poco anche le “cose fatte per principio” divennero tanto importanti quanto la “passione per qualcosa”.
Oggi, 40’enne, sono orgoglioso di essere ciò che sono: un ingegnere, un ragazzo (“seee a 40’anni??” – vi ho sentiti!) che si emoziona di fronte alle cose semplici e che è alla continua ricerca di sguardi.
Con il tempo ho scoperto che guardare dentro una persona è fantastico perché solo così si possono riconoscere ed apprezzare alcune caratteristiche che sono spesso difficili da esteriorizzare (esternalizzare, esportare, … non mi viene il termine!) o che vengono volutamente nascoste/mascherate. Tutte cose semplici da apprezzare ma difficili da spiegare. Semplici come stare naso contro naso a fissarsi negli occhi; anzi no, “fissare” è il verbo sbagliato. Immergersi.
Grazie, PROF.
Mi colpì una volta un passo di un testo buddista in cui si diceva che noi siamo già perfetti così, che siamo già “Divini” ma ci ostiniamo a cercare altro al di fuori di noi e non vediamo quello che abbiamo dentro di così bello. E’ stata una cosa stupenda riuscire a vedere oltre l’immagine di quel prof ,uomo e insegnante, e la sensibilità non è una cosa che tutti hanno.
A me è stato detto più volte che sono troppo sensibile, che passo troppo tempo a voler aiutare gli altri, che mi spreco per tutti, che vedo il buono dove non c’è, insomma, ce l’hanno messa tutta per cambiarmi ma io non demordo, rimango sempre la stessa stella. UN saluto luminoso a te 🙂
Grazie, Amleta! Splendide parole.