L’uomo perfetto non è mai quello giusto
di Andrea Devis
Un’irresistibile tentazione. Un diamante tutt’altro che grezzo da sfoggiare rigorosamente tra le quattro mura della camera da letto. Da ammirare senza vestiti, o con addosso solo una manciata di indicibili fantasie. Una trasgressione che se non fai attenzione può diventare normale da fare schifo. Perché poi ti abitui all’inconsueto, e prima che possa diventare ordinario – ammesso sia possibile – ne sei già dipendente. Ero così. E consapevole di tutto, ma assoggettato dalle parole.
Il perfetto connubio tra un maschile e un femminile che a quarant’anni in tanti come lui ancora non hanno saputo sintetizzare con un profilo preciso. Per mano, lungo il confine tra perdizione e privilegio. L’ho guardato portarsi via il riverbero di chi mi aveva fatto prostrare: lettere, canzoni, pensieri; tutto ammassato in un angolo della stanza. Lentamente sono sceso ai suoi piedi, senza lasciare che se ne accorgesse. Per sfogare i miei abbracci ho accumulato al centro del letto l’ingordigia e la lussuria: pretesti consunti e quasi grotteschi. Quando la luce di un pomeriggio qualsiasi di luglio ha illuminato i bordi delle cose, abbiamo chiuso gli occhi. Io ho finto di essere ancora in tempo per salvarmi dall’illusione.
Ho sceso le scale. Svuotato, umido. Ancora troppo concitato per lasciare cadere un paio di lacrime: in mezzo agli sguardi degli sconosciuti, per strada, mi avrebbero fatto sentire umano.
Abbiamo entrambi le risposte alle domande che non ci facciamo.
Non mi soffermo per aggiungere nulla alla familiarità che trovo nelle tue parole.
Bastano da sole e ho l’impressione che condividiamo la stessa fame.
It’s so typical of me to talk about myself, I’m sorry.
Quel tepore avvolgente e vagamente appannato – effetto “al-caldo-mentre-fuori-piove”, che sa un po’ di domenica pomeriggio sul tardi; come succede con certi sprazzi di memoria, frutto di poetiche mescolanze di ricordi e fantasie, che insieme finiscono per essere il ripostiglio segreto di ciò che di più dolce e complesso sappiamo essere.
Se anche a volte la domenica pomeriggio sul tardi mi prende un po’ alla gola e senza una punta di autoironia rischio di annegarci dentro, non posso proprio fare a meno di rischiare ogni volta.
They say that time’s supposed to heal, yeah
But I ain’t done much healing.
E in ogni caso
effetto domenicale a parte, noi “romanitici fuori epoca” ci scopriamo sempre recidivi.
Che sia un pomeriggio qualsiasi di Luglio o una sera come tante di Novembre,
che i bordi delle cose siano visibili o meno a occhi chiusi,
It’s no secret
That the both of us are running out of time.
E proprio per queste elusioni romantico-temporali a me, quanto a te direi, tanto care
tutto sto introspettivo giro di parole con la premessa di non voler essere tale
era per dirti tre cose andreadevis:
Grazie
Ti leggo
Ti ascolto
Grazie a te per le tue, di parole, misterioso K.
È esattamente tutto così come descrivi.
Ho ascoltato la tua versione molto “delicata e raffinata” di questa canzone di Adele e trovo che tu abbia un’eleganza e una voce molto coinvolgente. Te lo dico da cantante ( il mio è un genere diverso) e quindi so benissimo quale sia la difficoltà a fare una cover del genere per una voce maschile come la tua. Sei molto bravo 🙂
Grazie Amleta! Per le tue parole e per il tempo che mi hai dedicato!
Anche il tuo inedito, appena ascoltato, è un bel pezzo. Un testo semplice ma originale. Il tuo stile così minimalista è ammirevole. Niente fronzoli e niente riverberi inutili. Hai uno stile fresco e molto orecchiabile 🙂