L’antipatica questione della cena fuori
di Andrea Devis
Il palco questa sera era distante. Più distante del solito, quasi avvolto dalla nebbia. Nonostante la prima fila, mi sentivo altrove. Ho bevuto con parsimonia il mio drink, assicurandomi un fondo sufficiente a garantire qualche sorso per i momenti di imbarazzo. Ma palco è solo un sinonimo di vita, e non importa in quale fila tu sia: se non ci sei sopra, con l’occhio di bue puntato su di te, non sei nel posto giusto.
Le relazioni sono un po’ come dei palcoscenici, e quando qualcuno ti vuole al suo fianco – ma confinato nell’ombra di un dietro le quinte qualsiasi, magari con altre comparse – non ne vale mai la pena. Nemmeno quando coscienziosamente ti imbrogli raccontandoti che da lì a poco ci sarà la tua entrata in scena da protagonista assoluto: trionfale e indimenticabile.
C’è poi l’antipatica questione della cena fuori, la mia moderna cartina tornasole per i rapporti. Basta solo menzionarla lontanamente, ed ecco che si assiste a misteriose sparizioni che neanche a X-Files negli anni novanta. A volte è capitato che fosse qualcun altro a ventilarla, millantando luoghi e ristoranti dalla discutibile nomea – non vanno bene per te – quando poi mi sarebbe bastata una serata a guardarsi negli occhi davanti a un bicchiere di vino bianco e a un piatto di pasta rossa.
Non resto certamente a digiuno, se non da quelle attenzioni che per qualcuno potrebbero essere considerate meramente accessorie. Ma non per me, non per noi soldati dell’amore.
E pensare che mi troverebbero proprio lì: tra il bicchiere di vino, la pasta, la crostata al cioccolato.
Sorridente, affianco alla felicità.
Bravissimo Andrea!
Uno dei migliori scrittori che io abbia la ventura di leggere su WordPress.
LUSINGATISSIMO.
Grazie!
in effetti non capisco questa ritrosia, come se si volesse dare un peso eccessivo a quell’apostrofare “ma abbiamo mai mangiato insieme?”
e ti verrebbe da dire: io non mordo mica, non te.
ma credo che di fondo ci sia una paura di rivelarsi, durante una cena ti senti, in qualche modo, in obbligo alla conversazione.
È totalmente vero, quello che dici!
Ma quando la questione è tutta su quel “fuori”, ti chiedi se il problema non sia invece legato a qualcosa di più sottile, insinuante, perso tra le righe di un non detto che si vuole sviscerare.
Una sorta di presunzione travestita da delicatezza.
Magari si traduce tutto in “L’antipatica questione del chi paga alla fine”. In termini di emozioni, non necessariamente di portafoglio. Ma forse è un pensiero troppo lungimirante e castrante al tempo stesso. In fondo, se di un palco si tratta, c’è da accendere i riflettori, stare al centro della scena e sorridere. Sperando, guardandosi, che non sia solo denti. Arrivare a non preoccuparsi di aver finito il drink. La crostata al cioccolato che ti impasta dolcemente la bocca, che non riesci più a mandarla giù, ma ti viene da ridere perché le luci sul palco si sono spente e siete ancora lì nel confutare amabilmente le parole della vecchia volpe “Trust no one”. Un atto che merita di certo un seguito.
La questione del chi paga, è stata elegantemente accantonata.
E poi, se si tratta di una cena fuori per – in qualche modo – sdebitarsi dei gustosi manicaretti preparati da me in un giorno di inizio estate con dedizione e amore, non contano i dettagli. Conta il gesto! E il modo.
Credo che dividere la tavola con qualcuno sia un gesto meraviglioso. Mi sarebbe piaciuto ricevere quell’invito, spontaneo. Ma non tutti sono come noi, come me: divido la tavola con entusiasmo, la imbandisco con piatti invitanti e profumati, la riempio di attenzioni e mi premuro sempre di avere le orecchie pronte per ascoltare chi mi – mangiando – mi vorrà raccontar di sé.
[…] l’antipatica questione della cena fuori – cartina tornasole che misura l’intensità dei rapporti – mi è rimasta la […]