La citazione dell’amore
di Andrea Devis
Si dovrebbe sempre imparare qualcosa dai propri errori, ma quando non si è nemmeno in grado di riconoscere con fermezza gli errori stessi, come si può pretendere di trarne addirittura degli insegnamenti? Mi guardo indietro, penso alle mie ambizioni, alle interazioni, rifletto su chi sono oggi e lascio perdere i rimproveri. Le storie passate -intrecciate nel vissuto, profonde, interminabili, camaleontiche, malate, edificanti- quanto influenzano la capacità di stabilire (e individuare) rapporti nuovi, differenti, sani e genuini?
Non è una grande idea far transitare gente nel proprio letto. Si può fare del sesso senza toccarsi veramente, tutto sommato. C’è chi crede di toccarti, chi non ti vuole toccare di proposito, chi ha paura, chi non è capace e chi si è dimenticato come si fa. Il resto è pura meccanica. Se hai conosciuto la passione, lo capisci quando il desiderio non c’è. O quando non basta. Ci si ferisce da soli. Scegliendo le persone sbagliate finiamo a letto con qualcuno che, pensando a tenerti il collo o le cosce mentre cita goffamente l’estasi di un amplesso, dimentica di prenderti la mente.
Ci si eccita scambiandosi baci che sembrano sommarie citazioni: momenti rubati a capitoli chiusi che sarebbe meglio non riaprire mai, nemmeno per una rapida, inutile, non richiesta, consultazione. Le persone si costruiscono intorno mura invalicabili, per gli altri e per sé stesse; banalizzando il sesso e svilendo l’importanza di un bacio. Pericolosamente incapace di distinguere i confini, un bacio svela a chi ancora non ha ipotecato la propria sensibilità per una più sopportabile e anestetizzata quotidianità sentimentale, la differenza tra eccitazione e citazione. Un letto disfatto, due tazze nel lavandino, un paio di braccia attorno ai fianchi mentre ti stai addormentando. Una citazione resta una citazione, e proprio mentre te ne rendi conto, finisci per domandarti se quel famoso muro invalicabile, non te lo sia costruito attorno anche tu.
Poi magari sei lì che metti un passo dietro l’altro sotto un cielo piatto di un giorno come tanti e ti accorgi che quel muro non c’è più. E non sarà dipeso da nessuna lettera mai consegnata, da nessuna delusione, ferita, improvvisa consapevolezza o maturità o autonomia dei sentimenti.
Finché guardi il muro e non ti sporgi un po’ vedi solo un limite, senza nulla da cercarvi dietro.
Non c’è altro che una parete contro cui si sente l’eco recidivo dei tuo pensieri (e ho ben presente a che volume possano rimbombare).
Se invece, magari in un momento di distrazione, anche solo per un attimo che ti sfugge dalle righe, guardi oltre, allora scopri che vale la pena affacciarsi, che al di là non c’è il nulla desolato di una realtà sterile e opaca.
C’è una vista che mozza il fiato.
E quello che vedi sei tu.
E quello non era un muro dietro cui dimenticarti del mondo.
Ma dietro cui dimenticare te stesso.
Ho l’impressione che come l’amore a forza di autocitarti tu ti sia perso.
Ora ritrovati che magari all’improvviso ricordi che un bacio vero non lo si può certo dare a una persona che non c’è.
E siici.
Per i baci che verranno.
Cosa posso dire? Niente. Hai già detto tutto tu.
Grazie per le tue parole.
Non so chi ci sia, dietro a questa K..
Somigli a qualcuno che mi conosce da tempo. O a me. O, più semplicemente, a qualcuno che sarebbe bello poter incontrare al di là del muro.
Dietro a K. ci sono alti muri di pensieri. Non ci conosciamo ma forse sì, in questo, ci assomigliamo.
Per ora me ne sto cavalcioni a godermi lo spettacolo, il giorno che anch’io troverò il coraggio di farne parte forse ci incontreremo AD.
[…] una giornata come questa mi avrebbe piegato dal dolore. Quello invisibile, s’intende. Rileggo i miei vecchi scritti, ascolto Phil Collins, mi godo questa serenità: imposta e poi spontanea. Ho smesso di provare a […]