Frequentiamo persone con le quali non abbiamo un futuro per poterci concentrare sul presente
di Andrea Devis
Alla fine, ti ritrovi a ragionare su qualche nuovo esaltate proposito, nel tentativo di sovrascrivere vecchie promesse nelle quali tutto sommato non credevi un granché. Quello del tempo è il solito discorso, fatto di minuti che come granelli di sabbia scivolano tra le dita finendo nella spiaggia dei desideri più deboli. È quasi inutile soffermarsi sulla sensazione spiazzante di chi negli anni va avanti -per inerzia o con spinte propulsive- verso una meta che non diventa più nitida, ma al contrario si fa sempre più evanescente.
Ti rimproveri per tutti i compiti lasciati a metà, per le cose dette senza pensare, e per quelle dette dopo aver pensato troppo. Pensi agli sguardi che hai incrociato, che sono stati capaci -anche se per poco- di arrivare in fondo agli occhi; quegli stessi occhi custodi di lacrime che sarebbe stato meglio versare.
Rimugini sulle tante cose che avresti potuto o dovuto rendere migliori, ma senza dimenticare l’evoluzione compiuta, finendo per trovare conforto nell’immagine di un cambiamento. Rifletti sulle soluzioni ai problemi, che agli occhi degli altri sono sempre immediate, chiare, ma forse anche un poco semplicistiche. Realizzi che la freddezza di un cuore che non riesce a lasciarsi andare -se non con chi non lo desidera- non è il risultato di una vita ostile, ma bensì dell’incapacità di distinguere quello che si vuole da quello di cui si ha bisogno.
Ti fai l’augurio di poter arrivare, un giorno, a non desiderare quasi più alcun cambiamento. Mentre tutti si sentono spavaldamente sul ciglio del rinnovamento, tracci traiettorie e redigi bilanci, sentendoti -come forse è giusto che sia- semplicemente sospeso, tra ieri e domani.