Ci innamoriamo delle persone che vorrebbero cambiarci perché non amiamo noi stessi

di Andrea Devis

Ovviamente la colpa è nostra. Quando si ama, non esiste colpa, potrebbe dire qualcuno. Infatti. Quando si ama non c’è mai colpa, ma quando non si ama invece un colpevole c’è sempre. Di solito siamo noi i colpevoli, che per qualche strano motivo che sfugge, non riusciamo -non dico ad amarci- ma a volerci quel poco di bene che renderebbe le cose decisamente migliori.

Le persone sbagliate sono da sempre le protagoniste indiscusse di queste pagine: sia quando a essere “sbagliati” sono gli altri, sia quando ad essere sbagliati siamo noi, con i nostri atteggiamenti e il nostro modo discutibile di vivere le relazioni (reali e non).

Questa vuole essere una riflessione sulla lontananza. Non parlo della lontananza dei corpi, quanto più della lontananza psicologica, quel tipo di lontananza che -quando ne prendi atto- ti fa sentire estraniato e deluso, senza però sapere bene perché. Non è necessario essere una coppia di vecchia data per provare il brivido freddo della lontananza delle teste: è un atteggiamento mentale, che rende ciò che prima era familiare e intimo, improvvisamente estraneo e carico di tensione. Ti ritrovi senza più cose da dire, con gli occhi pieni di immagini incollocabili e con le orecchie che ascoltano parole pronunciate per sbaglio perché inconsapevoli della nostra presenza; tutto sommato, non siamo sempre dove il nostro corpo fa credere che siamo.

Sfuggiamo al confronto con lo specchio, e ci innamoriamo di chi ci vorrebbe diversi perché in tutta onestà siamo noi i primi a non sopportarci così come siamo. Avere la possibilità di puntare il dito contro qualcuno -qualora diventassimo una persona che non ci piace- è uno scarico di responsabilità facile e posticcio e che -finzionalmente- tiene in piedi fin troppi rapporti.

Sappiamo cosa ci fa male, e i più fortunati hanno anche imparato a evitarlo accuratamente, ma in verità, l’alternativa non è stare bene, bensì semplicemente stare. Non sappiamo come andare oltre, e ci accontentiamo di uno stato neutro, fino a che la nostra testa -in astinenza da quelle emozioni capaci di farci sentire vivi- ci fa prontamente ricadere negli errori di sempre, dei quali abbiamo ormai preso una consapevolezza tale da non permetterci più di poterli chiamare semplicemente “sbagli”.