Presente semplice imperfetto
di Andrea Devis
Sedevo a una lunga tavolata, spiccando per la mia giovane età e per gli occhi un po’ spaventati e un po’ curiosi attraverso i quali fingevo di aver capito quel qualcosa in più sulla vita fino ad allora inspiegabilmente sfuggitomi. Erano per lo più coppie; età media 35/40 anni. Non ammiravo il loro grigiore mediocre. Non riuscivo a spiegarmi come potessero vivere sereni senza avere consapevolezza delle alternative. Faticavo a immaginare quel futuro per me, e ogni volta che provavo a cucire la mia sagoma su quel paesaggio, mi si annodava lo stomaco. Un’esistenza costellata da tappe prestabilite mi sembrava una rinuncia al bello, all’arte e alla vita stessa.
Manager che anno dopo anno fanno carriera dietro la scrivania di qualche società finanziaria, week-end in costa azzurra d’estate e settimane bianche a Cortina d’inverno, matrimoni con genitori impettiti, figli petulanti, tate, donne avvocato, 8 dicembre passati a New-York, ristoranti fighetti ma non troppo e un appartamento quasi spazioso tra Corso Vercelli e Piazza Firenze.
Mentre la mia testa si svagava pensando alle tante alternative a tutto questo, qualcuno cercava di riportarmi invano a una dimensione più terrena. Certamente il mio non era snobismo e nemmeno un effimero desiderio di critica verso persone che lavoravano, guadagnavano e vivevano -tutto sommato- serenamente.
Ora -che di tempo ne è passato- vivo un semplice presente imperfetto, e a mancarmi è forse proprio quel grigiore, quella banalità preconfezionata. Avrei però voglia di preconfezionarmela su misura, e di scegliere un grigio alternativo che tenda al viola. Vorrei chiamarla stabilità. Metterei a tacere le ansie e vivrei i miei giorni con la stessa apparente banalità. Sono certo che potrei fare anche di meglio, e guidato dalla mia mente un po’ creativa e un po’ incosciente, mi renderei conto che tutto è perfettibile. Anche il tempo.
Reblogged this on i cittadini prima di tutto.
Grazie!
mi sa che siamo quasi nella stessa situazione, per quanto non ci si conosca e per quanto possa desumere da un solo post. Io sono però più vicino a quelle coppie (anche se di anni ne ho un po’ meno) e il grigiore della mediocrità e delle tappe prestabilite già lo vedo intorno a me. E me ne sto distante, non dico tanto da non vederlo, ma me ne sto distante.
Prima di tutto col cervello e con l’anima, che è la cosa più importante.
A parole ne conosco che dicono di non essere inquadrati e non si rendono conto di essere dentro a pleasantville, oppure l’esatto opposto.
Un po’ come te, io me ne voglio stare a metà, e spostarmi tra le varie sfumature. Che anche volendo poi non riuscirei a stare in nessuno dei due estremi…
Concordo, la questione di pleasantville mi sembra un ottimo spunto.
tutti vorremmo un po di stabilità e quando la raggiungiamo vorremmo tornare di nuovo instabili.
Pare che i vent’anni sono quelli in cui si inizia a sognare questa strana cosa chiamata stabilità. Anch’io che mi pregio della mia instabilità.