L’amore: questione di fonemi e punti esclamativi

di Andrea Devis

Cammino solo in una città che non mi appartiene. Cerco un ristorante, ma sono tutti troppo poco affollati per poter entrare passando inosservato. Si chiederebbero se aspetto qualcuno o magari finirebbero per osservarmi incuriositi e basta. Ogni angolo evoca con presunzione qualcosa che abbiamo vissuto insieme. Il ristorante all’angolo, che pare uno scorcio strappato alla toscana, o la vecchia piazzetta buia, che imita con presunzione il ricordo della capitale. Tante cose mi riportano a te, ma non ci sei e io non ci sono.

Mi sono perso e ritrovato, sforzandomi ogni giorno per cercare di (ri)conoscermi. Non amo la diffidenza, preferisco una bugia attendista. C’è troppo amore a questo mondo, o forse, sarebbe semplicemente più corretto dire “ci sono troppi amori”, e la gente non capisce. Ognuno ama a proprio modo e chi hai di fronte spesso non conosce tutti i fonemi necessari per interpretare correttamente il tuo amare. Tanti amori, tanti modi diversi di amare, tanti quanti le persone a questo mondo o forse più. Riuscire a comprendersi è sempre più difficile.

Quanti “punti a capo”, per chiudere qualcosa che non va; quante “aperte virgolette”, per dire qualcosa cui non si crede e per scaricare vigliaccamente le responsabilità; quanti “punti interrogativi”, per uccidere con le domande.

Ci sono troppe poche verità e troppi pochi punti esclamativi a sancire un pensiero.