Personalità non aderenti ai corpi
di Andrea Devis
Elaboro, scruto, rifletto, ripenso, ritratto, ritraggo mi distraggo e mi rimangio -restando sempre e comunque sistematicamente fregato.
A fregarmi è la mia mentalità artistica, capace di tracciare per ogni persona che incontra un profilo idealizzato seguendo un ideale universalmente non valido. Ne ho già parlato con successo proprio su queste pagine e la colpa è ancora una volta loro: gli inestirpabili Peni Superflui. Essi albergano nelle nostre vite come viscide lumache in un guscio non loro. Sono anche detti “conoscenti”; termine che tutto significa e nulla spiega.
Quando mi capita di approfondire la conoscenza di questi personaggi, fino ad allora rimasti “parcheggiati” nelle piazzole di sosta delle nostre vite (domandiamoci perché), il corpo entra in conflitto con la personalità. Così io mi perdo, confondendo il profilo che avevo disegnato per loro con i volti di perfetti sconosciuti, in grado di lacerare ogni mia certezza con proverbiale rapidità.
Perché non è tutto oro quel che luccica? Perché una rondinella non fa primavera? Perché non si può giudicare un libro dalla copertina nonostante sia poi il criterio che tutti seguono per decidere quale scegliere tra i tanti sullo scaffale? Perché non si può giudicare dalle apparenze?
Vorrei che le persone avessero personalità più aderenti ai corpi. Ai loro corpi. Ma anche a quelli degli altri, se c’è coerenza. Vorrei che tutti assomigliassero a quello che sono. Vorrei che contenitore e contenuto corrispondessero.
Quante ore di domande a vuoto risparmiate, se solo l’abito facesse il monaco! Quanti inutili scrupoli saltati a piè pari se solo le personalità fossero più aderenti ai corpi! Sì, se lo fossero. Se le personalità fossero più aderenti ai corpi… che pacchia. Sì, ma non lo sono.
Non lo sono quasi mai.
Non lo sono quasi laddove (appunto) manca la coerenza 😉
ecco l’hai detto, non lo sono quasi mai. se guardi meglio però, ti accorgi dei particolari che rivelano la spina portante, quello che del dentro emerge. poche persone sono così abilmente raffinate nella finzione.
Concordo… mi piace questa teoria.
Hmm… e se ad essere fasullo fosse ciò che c’è dentro e non ciò che c’è fuori?
diciamo che in tantissimi sono occupati a nascondersi tra la folla, ma per fortuna che ce ne sono anche altri (pochi) che comunque riescono a salvarsi non uniformandosi
sono finito qui per caso e credo ci rimarrò per un po’.
ciao
marcello
Marcello, benvenuto, prima di tutto.
Resta pure quanto vuoi: a me fa solo piacere! Non ho coinquilini e l’altra gente sembra tutta a posto e a modo!
dopo due giorni l’ospite puzza. mi intratterrò fino al limite olfattivo ultimo : D
Milano, capitale della moda italiana, del design europeo e centro finanziario industriale dell’Italia. La frase contempla un aspetto artistico-creativo ed uno più scientifico-razionale, ma a quanto pare i ragazzi che popolano oggi la città sembrano essere polarizzati soltanto verso il primo aspetto. A quali ragazzi mi sto riferendo? Mi sto riferendo all’ampia platea di ragazzi omosessuali che popolano il capoluogo lombardo. Come consuetudine invalsa da tempo ogni anno si assiste alla migrazione di ragazzi, che convinti di essere dotati di un talento distintivo e di una passione garibaldina, razionalizzano i conti in banca dei genitori iscrivendosi alle varie “scuole” di moda e/o design, tutte rigorosamente private, che popolano la città. Ci sono due aspetti che reputo imbarazzanti e preoccupanti: quello finanziario, e quello socio-culturale.
Riguardo al primo punto, le scuole oltre a chiedere rette annuali quasi a livello dell’Imperial College di Londra, necessitano di una spesa continuativa durante l’anno per i materiali utili allo svolgimento delle attività “didattiche”. Unico ateneo pubblico è il Politecnico di Milano, snobbato dalle nuove leve in quanto “luogo poco creativo”: sarà per via del nome, o forse la zona (Bovisa) certamente non a livello della “Marangoni fashion school” in via Montenapoleone. In molti potrebbero citare allora la Bocconi, con le sue rette costose e il suo ambiente snobbish, ma dimenticano che chi iscrive il figlio in Bocconi decide di fare un investimento, che ha un ritorno economico/lavorativo certo e immediato, chi decide di iscrivere il figlio in IED o Marangoni, dovrà magari continuare a mantenerlo per i due anni successivi al diploma (se fortunato).
L’aspetto socio-culturale è quello più interessante e preoccupante. Ragazzi che passano giornate a cercare immagini ispiratrici su blog o magazine mentre ascoltano rumori commerciali (lady gaga in primis), che fanno festa dal mercoledì e si drogano come se non ci fosse un domani. Ragazzi che non sanno neanche come aprire un quotidiano, che l’ultimo libro letto è stato “la storia della moda” e che giustificano l’ignoranza imbarazzante in cui sono immersi con: “ma io sono un creativo”. Ragazzi che hanno una proprietà di linguaggio che farebbe rivoltare Heidegger nel sepolcro, vocaboli ridotti a: “ciao, favola, adoro, pazzesca” e che l’unica cosa che sanno dire relativamente a chi si occupa di tematiche scientifiche è: “mmm sexy”. Mi è capitato diverse volte di parlare e cercare di intavolare discorsi con gli omosessuali appartenenti a questa “tipologia”, e si sono rivelati spesso essere vittime di profonde depressioni e crisi esistenziali. In realtà basterebbe uscire un attimo dal mondo ovattato e strutturato su rapporti sociali di convenienza come quello della “moda”, e ricordarsi che nella maggior parte dei casi si ha una famiglia, amici, condizioni economiche più che mediocri e forse si abusa troppo di stupefacenti che regalano instabilità emotiva mentre si legge e studia troppo poco. Inoltre molti vivono in una nociva illusione di essere dotati di talento, e continuano a morire culturalmente e socialmente nella speranza di far carriera nel settore artistico.
Credo che le numerose iscrizioni alle scuole di moda e design siano giustificate in buona parte dalla paura di affrontare un percorso sicuramente più rigoroso, che richiede più autodisciplina e sacrificio, penso quindi a facoltà quali: matematica, fisica, ingegneria, architettura, filosofia, lettere ecc ecc. Così, senza nulla togliere a Miuccia Prada, idolo di questi sedicenti creativi, mi piacerebbe magari vedere giovani gay appassionati della dialettica come strumento per raggiungere una comprensione dell’essere, per dirla con Emanuele Severino (di cui Miuccia Prada è una grande fan). Mi preme sottolineare che esiste anche una parte degli omosessuali milanesi iscritti a scuole di moda e design che è realmente dotata di talento artistico e che magari fa meno party, prende meno droghe, e fa più progetti e internship, cercando di non perdere tempo con crisi esistenziali e periodi depressivi esasperati, partoriti dall’inettitudine sociale moderna. Soprattutto questi ultimi non si sentono creativi. Semplicemente lo sono.
Beh, grazie innanzitutto per esserti soffermato sul mio blog. E’ stato un piacere leggere le tue considerazioni (scritte per altro molto bene!).
Io non ho in realtà una grandissima esperienza in merito al binomio gay/moda, ma non posso che sottoscrivere completamente quello che hai detto poco sopra.
Torna più spesso a trovarmi, così alzi un po’ la media culturale dei miei -concedimi il termine- becerissimi post.
Ciao!
A volte restano parcheggiati troppo tempo nella ‘piazzola’ e magari poi con un niente ti stupiscono e ti rendi conto che fino a quel momento ti sei perso un universo. Spesso ti colpiscono con sovrastrutture di ogni tipo, e poi fanno la fine di quei cani che una volta bagni loro il pelo, sembrano dei mostriciattoli ossuti e sgraziati. Posso dire di avere una sorta di sonda che mi consente di prendere cantonate il meno possibile, ma quella me la sono costruita attraverso l’esperienza.